giovedì 29 ottobre 2020

La flatulenza dell’intellettuale di sinistra. Matteo Montaguti presenta un testo di Walter Benjamin

Da: https://www.machina-deriveapprodi.com 


Germania, 1931. Siamo agli atti finali della Repubblica di Weimar. Oltre, si affaccia l’abisso. Sulle strade tedesche si combatte l’ultima battaglia per conquistare l’anima dei rovinati, degli esclusi, dei rabbiosi. Bande di combattenti rossi e squadracce di milizie brune si contendono il controllo di birrerie, quartieri, città. Schiere d’acciaio contro legioni di teschi. Rot Front contro schwarze pest.

Walter Benjamin si aggira, inquieto, nel ventre di questa epoca grande e terribile. Dopo una brillante ma inconcludente carriera universitaria si ritrova a barcamenarsi tra precarietà economica ed esistenziale. Progetta opere incompiute, scrive saggi inafferrabili, è rifiutato ed emarginato dall’accademia. È pure comunista, ed è anche un ebreo: il paradigma del disagio. Il suo posto nel mondo non c’è. Per mantenersi, sempre in bilico sull’indigenza, traduce per editori, pubblica pezzi di critica sui giornali, scrive recensioni per riviste.

Tipo questa. Benjamin scrive una recensione a un libro di poesie di Erich Kästner, uno dei maggiori intellettuali dei circoli berlinesi del tempo. Ideologicamente pacifista dentro la guerra civile, sinceramente indignato dall’ascesa del nazismo ma democraticamente disimpegnato: un vero intellettuale della sinistra di oggi.

Comincia così, una recensione a un libro di poesie: con la durezza materiale di un’analisi di classe di quella frazione di ceto medio – mediamente progressista – istruito e integrato che è fruitrice di questo prodotto culturale. Guardate come si pone il punto di vista di Benjamin, irriducibilmente di parte, capace di rivelare tic e atteggiamenti di un’intera composizione sociale attraverso la sua produzione lirica:

«La popolarità di queste poesie è legata all’ascesa di un ceto che si è impossessato delle sue posizioni di potere economiche apertamente, e ha menato vanto come nessun altro della sua fisionomia economica nuda e senza maschera. […] La materia e gli effetti della poesia di Kästner restano limitati a questo ceto, ed egli non è in grado di raggiungere gli spossessati coi suoi accenti ribelli esattamente così come non è in grado di colpire gli industriali con la sua ironia. Ciò accade perché questa lirica (nonostante le apparenze) cura soprattutto gli interessi corporativi della categoria dei mediatori (agenti, giornalisti, capi del personale). Ma l’odio che essa proclama contro la piccola borghesia ha a sua volta un accento piccolo borghese, di eccessiva intimità. Per contro la sua aggressività nei confronti dell’alta borghesia scema a vista d’occhio, e alla fine essa tradisce il suo anelare al mecenate col sospiro: “Oh, se ci fosse soltanto una dozzina di saggi con molto denaro!”».

mercoledì 28 ottobre 2020

Il Covid-19 negli Stati Uniti - Alessandra Ciattini

 Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Leggi anche: La battaglia delle idee: come è stata costruita l’egemonia statunitense - Alessandra Ciattini



Il disastro nella gestione della pandemia negli Usa, al di là di un presidente e di un’amministrazione imbarazzanti, è il prodotto strutturale di un sistema capitalista inadeguato a rispondere ai bisogni primari della popolazione. 


Siamo stati informati dai mass media che Donald Trump e la sua giovane consorte sono risultati positivi al Covid-19 e ne sono rapidamente guariti. Dopo esser stato ricoverato in uno dei migliori ospedali militari e aver goduto delle migliori cure a differenza dei 220.000 statunitensi morti in questi ultimi mesi, è tornato trionfalmente alla Casa Bianca. 

Il Bollettino degli scienziati atomici informa che si sta cercando di stabilire se il presidente ha diffuso il virus tra i partecipanti a un meeting a sostegno della sua rielezione, con i quali è stato in contatto prima di risultare positivo. 

Alcuni ricercatori si sono occupati, invece, di un altro aspetto: hanno analizzato il rilevante contributo che Trump ha dato a quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità chiama la disinformazione, dimostrando che in questo campo è un campione, definendolo un superspreader (super divulgatore, ndr) di false notizie.

Recentemente i ricercatori della Cornell University hanno pubblicato uno studio sui 38 milioni di articoli pubblicati nei media in lingua inglese tra il 1° gennaio e il 26 maggio 2020. Le citazioni di Trump costituiscono quasi il 38% dei contenuti disinformativi in questi articoli. Conclusione dello studio: "Il presidente degli Stati Uniti è stato probabilmente il più grande motore della pandemia della disinformazione sul Covid-19".

I ricercatori della Cornell University hanno anche riferito che la maggior parte della disinformazione sul Covid-19 negli articoli analizzati è stata “trasmessa dai media senza domande o correzioni”. Solo il 16,4% è stato sottoposto a verifica.

Poco dopo la pubblicazione dello studio, e poche ore dopo aver affermato che “la fine della pandemia è in vista”, il presidente ha annunciato su Twitter di essere risultato positivo, sconcertando anche molti dei suoi seguaci.

martedì 27 ottobre 2020

lunedì 26 ottobre 2020

Fratelli di tutto il mondo, affratellatevi! Brevi note sul “papa comunista” - Roberto Fineschi

Da: https://www.lacittafutura.it Roberto Fineschi è un filosofo italiano (Marx. Dialectical Studies)

Leggi anche: Un commento a margine dell'enciclica "Fratelli tutti" di Papa Francesco - Francesco Fistetti 


L’enciclica di Francesco caldeggia nella sostanza la versione più soft dello stato corporativo ed è coerente con la dottrina sociale della chiesa. I comunisti devono invece porsi il problema di trasformare la struttura sociale.


Fratelli tutti, l’ultima enciclica di papa Francesco, ha suscitato reazioni diverse ed è stata salutata (o deprecata) per le sue “aperture”. Vediamo i contenuti per capire quanto questo papa sia quel pericoloso “comunista” che viene dipinto dalle fazioni più retrive del mondo cattolico.

1) Critica del presente

L’enciclica prende di petto alcune delle questioni più scottanti dell’attualità sociale e politica, assumendo posizioni chiare. Critica alcuni punti chiave colpendo su due fronti: da una parte le modalità e le istituzioni della gestione neoliberista; dall’altra gli atteggiamenti più duri e intransigenti riconducibili a schieramenti cosiddetti populisti. Ne ha in sostanza per tutti; vediamo in che termini.

1.1) Critica del neoliberismo

Il papa non le manda a dire: l’economia finanziaria e le sue speculazioni sono una delle principali cause dell’attuale crisi mondiale (§§ 12, 52, 53 ,75, 109, 144); i suoi effetti perversi determinano rapporti squilibrati con i paesi più poveri e quindi il loro sfruttamento (§§ 122, 125, 126); causano la vuota e omologante cultura globalistica (§ 100) e il paradossale individualismo che gli fa specchio (§§ 12, 105, 144).

Non basta: il problema di fondo è il mercato! È mera illusione pensare che possa autoregolarsi (§§ 33, 109), questo è un dogma neoliberale (§ 168)! È addirittura necessario pensare a istituzioni che lo regolino, a una sua gestione mondiale (§ 138). Senza questo tipo di regolazione, libertà e giustizia restano irrealizzabili (§§ 103, 108, 170-172).

E ora viene l’affondo finale: la proprietà non è sacra! È un diritto secondario (§ 120) e deve avere una funzione sociale (§ 118).

Botte da orbi alle élites finanziarie dunque e a quei partiti che guardano in quella direzione cercando un nume tutelare o un ideale regolativo al grido di meno Stato e più mercato (e qui per fare la lista di tutti quelli che ci rientrano non basterebbero le pagine).

1.2) Critica del populismo

Sarà mica populista allora? Non scherziamo. Il papa stigmatizza la politica di chiusura nei confronti dei migranti (§ 39), condanna la schiavitù cui sono condannati dallo stesso sistema di cui sopra (§§ 86, 130-132), cerca di distinguere tra legittime rivendicazioni popolari e populismo (§§ 157 ss.), critica la pseudocomunicazione legata al mondo dei social (§ 42) e l’orrore di violenza e aggressività che essa produce (§ 44).

Anche qui non è difficile trovare nomi e cognomi di personaggi vari colpiti dagli strali di queste critiche.

2) Svolta epocale?

domenica 25 ottobre 2020

IL MARX DI DAVID HARVEY - Giorgio Cesarale

Da: http://filosofiainmovimento.it - Giorgio Cesarale,  IL MARX DI DAVID HARVEY, Filosofia e capitalismo. Hegel, Marx e le teorie contemporanee, Cap. 6,  manifestolibri, Roma 2012, pp. 95-106 - Giorgio Cesarale è Professore Associato di Filosofia Politica presso il Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali di Ca’ Foscari - Università di Venezia. 

Leggi anche: Il neoliberismo è un progetto politico*- B. S. Risager intervista David Harvey

David Harvey e l’accumulazione per espropriazione

Introduzione al Manifesto del Partito Comunista*- David Harvey**

Un dialogo sull’imperialismo: David Harvey e Utsa e Prabhat Patnaik. - Alessandro Visalli

Le realtà imperialiste e i miti di David Harvey - John Smith 


Urbanesimo e capitalismo


Della ampia e stratificata opera di David Harvey, di questa singolare figura che si colloca a metà fra urbanistica e teoria sociale, si conosce ormai molto, vista la larga circolazione ottenuta da libri come La crisi della modernità, La guerra perpetua e Breve storia del neoliberismo. Meno conosciuta, tuttavia, è la sua attenta e proficua ricerca sul Capitale marxiano; ricerca che è, peraltro, alla base delle tesi sostenute nelle opere appena menzionate. Ciò che in prima battuta ci proponiamo in questo articolo è di esporre le linee fondamentali di questa ricerca, valutandone meriti e specificità. In conclusione, cercheremo di dire in quale direzione la rilettura del Capitale compiuta da Harvey ha influenzato il corso delle sue più recenti indagini teoriche. 

Della ermeneutica marxiana di Harvey si può dire che è peculiare anzitutto l’ispirazione generale: nessun autore, fra coloro i quali hanno recentemente provato a riattivare il contenuto problematico della critica marxiana dell’economia politica, è stato più fermo di lui nel rivendicare l’esigenza che sia sul terreno della analisi della crisi e delle “contraddizioni” del capitalismo che debba essere verificata la validità teorica di tale critica. Si tratta di un approccio che, pur comportando una certa riduzione della molteplicità di temi e “aperture” problematiche che Marx è venuto promuovendo nella sua matura critica dell’economia politica, non determina una incongrua dogmatizzazione del dettato testuale marxiano: il Capitale è anzi considerato come una sorta di cantiere a cielo aperto, come un testo pieno di “empty boxes”, che occorre riempire di significati e contenuti. 

Una operazione di questo tipo non è peraltro rara nell’ambito del pensiero marxista contemporaneo: anche il filosofo francese Jacques Bidet, per esempio in Explication et reconstruction du Capital (PUF, Paris 2007), muove dall’ obiettivo di ripensare il Capitale a muovere dai “vuoti” del Capitale stesso. Tuttavia, mentre Bidet prova a riformulare il passaggio dalla sfera della circolazione a quella della produzione, quindi opera quasi esclusivamente all’interno del I libro del Capitale, Harvey lavora soprattutto sul raccordo fra I, II e III libro della stessa opera. La questione centrale è cioè quella della ricostruzione del nesso fra l’analisi del processo di produzione, contenuta nel I libro, e quelle del processo di circolazione (II libro) e di distribuzione del plusvalore fra le diverse classi sociali (III libro). Se si vuole ricollegare Marx con il paesaggio sociale e politico novecentesco e post-novecentesco – questo il proposito di Harvey – il contenuto del I libro non è sufficiente, ed ha anzi esiti fuorvianti. 

venerdì 23 ottobre 2020

Come si muove una pandemia. Il tallone d’Achille della globalizzazione

 Da: https://lascimmiachepensa.wordpress.com 

Leggi anche: Epidemia e potere - Aristide Bellacicco 

Zygmunt Bauman - La società individualizzata - Il Mulino, Bologna, 2002 - 



Esiste una contraddizione fra l'efficienza  di una società di mercato e la difesa della vita umana soprattutto in circostanze come le attuali. 

È una contraddizione che appare insanabile rimanendo all'interno di un sistema sociale ed economico basato sulla compravendita di merce su scala sempre più vasta ed in tempi sempre più brevi. È come se il virus seguisse la stessa dinamica del denaro, sebbene quest' ultimo, nella sua forma di moneta, non è mai stato indicato come possibile vettore di infezione. 

È pur vero che i grandi scambi capitalistici, quelli cioè che avvengono nell'ambito della produzione, non implicano lo spostamento fisico di masse di denaro, che invece mantiene una sua importanza sui mercati dei beni di consumo. 

E dunque, i grandi capitalisti si sono arricchiti, e si arricchiscono, durante l'epidemia accumulando profitti, in un certo senso, smaterializzati; al contrario, i puri e semplici consumatori, se esistono, si contagiano mentre vanno al mercato a produrre il profitto degli altri. 

Come i puri e semplici comuni mortali, i lavoratori, soprattutto quelli che vanno in fabbrica, alle casse dei supermercati, a fare le pulizie. Ancor più quelli che si svegliano all'alba e sacrificano ore di sonno (fondamentale per le difese immunitarie) per poter portare il pane a casa ed arricchire i capitalisti. Quelli che non possono permettersi di fare 80 Km al giorno con il proprio mezzo, ed affollano treni, metro ed autobus, dove ovviamente la prevenzione dal coronavirus è impossibile.

E gli stessi medici ed infermieri. (il collettivo)

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Osservando i numeri di questa seconda ondata, inizia a prendere corpo la consapevolezza che non solo non #andràtuttobene, ma probabilmente fermare l’aumento di contagi sarà semplicemente impossibile.

Nonostante le misure che, almeno sulla carta, dovrebbero contenere i casi di Covid-19, il rapporto tra sforzi e risultati sembra essere inspiegabilmente sfavorevole, come un ingranaggio che gira a vuoto.
Fino ad ora sono state prese in esame principalmente le caratteristiche di SARS-CoV-2 da un punto di vista virologico: la sua letalità, la sua struttura, le modalità di infezione, il quadro clinico dei malati.
Quelle che tuttavia sono state tralasciate, o non del tutto comprese, sono le dinamiche di diffusione da un punto di vista sistemico, che prescindono dalla specifica tipologia di virus poiché hanno a che fare con il tessuto sottostante sul quale il virus si muove.
Per capirlo bisogna fare qualche passo indietro.

giovedì 22 ottobre 2020

Il processo a Julian Assange - Alessandra Ciattini

 Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) insegna Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.lacittafutura.it.

Leggi anche: Lento assassinio di Julian Assange. Giustizia negata per chi ha denunciato i misfatti del governo - Philip Giraldi

- Julian Assange è un problema solo per l’Ecuador o anche per noi? - Alessandra Ciattini

Assange in Tribunale - Craig Murray

Assange è Colpevole di Aver Rivelato al Mondo Intero l'Anima Malvagia dell'Imperialismo a Stelle e Strisce - Federico Pieraccini 



Il tentativo degli USA di giudicare da spia e criminale il fondatore di Wikileaks che ha permesso al grande pubblico di conoscere i retroscena della politica internazionale e le manipolazioni dell’opinione pubblica operate di concerto dalle potenze imperialiste con il supporto delle grandi multinazionali digitali. 

I nostri media focalizzano spesso l’attenzione sulla repressione dei dissidenti negli Stati antagonisti alle potenze occidentali, ma davvero poco spazio e solo da parte di alcuni è dedicato alla drammatica vicenda di Julian Assange, ricercatore brillante e fondatore di Wikileaks, un sito fondato nel 2006 che fa letteralmente trapelare informazioni, rendendo pubblici, e senza autorizzazione ufficiale, documenti che svelano i retroscena della politica internazionale. Questa diffusione viene fatta usando la rete crittografica Tor che rende difficile intercettare le informazioni su Internet e individuare i luoghi da dove provengono e a cui sono dirette. Chiunque può inviare anonimamente documenti, finora sono stati resi pubblici 10 milioni di documenti, che fanno conoscere comportamenti non corretti, spesso criminali, di organizzazioni politiche o economiche. Questi documenti sono sottoposti a controllo per accertarne la veridicità. Una volta resi pubblici questi documenti diventano oggetto di dibattito da parte di chiunque, qualunque sia il suo orientamento politico.

Una gran mole di documenti relativi alla guerra in Iraq è stata consegnata a Wikileaks da Chelsea Manning, che li ha sottratti mentre lavorava in quel paese dal 2009 come analista di intelligence per l’esercito statunitense, e che è stata per questo condannata per crimini commessi contro la sicurezza nazionale e successivamente scarcerata per aver ottenuto la grazia da Obama nel 2017.

Per chi non la conoscesse ricostruiamo la storia di Assange. Nato in Australia, ormai 49enne, attualmente è detenuto nel carcere britannico di massima sicurezza di Belmarsh e accusato di spionaggio, in base a una legge del 1917, dagli Stati Uniti che ne chiedono l’estradizione per processarlo e probabilmente condannarlo a 175 anni di carcere.

mercoledì 21 ottobre 2020

C’è vita su Marx? Cronache MarXZiane n. 1 - Giorgio Gattei

 Da: http://www.maggiofilosofico.it - Giorgio Gattei è uno storico del pensiero economico ed economista marxista italiano. Professore di Storia del Pensiero Economico presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna.

Vedi anche: Das Kapital nel XXI secolo* - Giorgio Gattei

Per il diritto d’autore: devo il titolo di questa prima parte delle “Cronache marxziane” a Riccardo Bellofiore che l’ha posto (perchè ispirato dalla canzone di David Bowie “Life on Mars”?) in testa alla sua introduzione a Marx inattuale (Edizioni Efesto, Roma, 2019). Ma quel titolo è finito lì, che lo svolgimento successivo è stato di tutt’altro tenore, mentre io l’ho preso sul serio e quindi…


1. Come il pianeta Nettuno nel Sistema solare, anche il pianeta Marx è stato individuato nella Costellazione dell’Economia inizialmente solo per via speculativa a seguito di una discrepanza, inspiegabile nella traiettoria del valore rispetto ad ogni altro corpo economico già conosciuto, che lasciava intendere che in quello spazio di cielo dovesse esserci presenza di qualcosa di anomalo, anche se al momento non individuabile. E’ stata questa la grande intuizione dell’astronomo britannico Adam Smith, peraltro autore di una Storia dell’astronomia pubblicata postuma in cui teorizzava che «un sistema di pensiero è una macchina immaginativa inventata per collegare nell’immaginazione i vari movimenti ed effetti che nella realtà già si compiono». Per questo nella Ricchezza delle stelle (1776) egli aveva mostrato come ci fosse nel cielo un luogo economico in cui il valore delle merci misurato come “lavoro contenuto” (V = L) non coincideva più con la misura in “lavoro comandato” (o Salario: V = Lw), come invece avrebbe dovuto essere, essendo questo dovuto al semplice fatto che il salario unitario w pagato per ogni ora di lavoro L doveva risultare minore di 1, così che Lw < L. Ciò lo giustificava perché, mentre nello “stadio naturale” dell’economia (ossia dovunque) «tutto il prodotto del lavoro appartiene al lavoratore,.. non appena il capitale si è accumulato nelle mani di persone singole, alcune di loro naturalmente lo impiegheranno nel mettere al lavoro uomini operosi», a cui pagheranno un salario tale per cui «il valore che gli operai aggiungono ai materiali si dividerà in due parti, di cui una paga il loro salario e l’altra i profitti di chi li impiega». Ed era una anomalia inaspettata nell’ordine dei sistemi economici, con l’effetto che «nel prezzo delle merci i profitti costituiscono una componente del tutto diversa dai salari del lavoro e regolata da principi del tutto diversi». Sì, ma quali?

martedì 20 ottobre 2020

Epidemia e potere - Aristide Bellacicco

 Da: https://www.lacittafutura.it - Aristide Bellacicco (Medico) fa parte del "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni" 

Ascolta anche: https://www.spreaker.com/user/11689128/il-caffe-della-mattina-20-ottobre


Quale è il vero significato del prolungamento dello stato di emergenza e dell’imposizione delle mascherine anche all’esterno? Misure severe quando nello stesso tempo si registrano indebolimenti dei controlli in altri ambiti



Appare evidente che le misure prese dai diversi Stati in conseguenza dell’epidemia da Coronavirus stanno producendo, sia pure in grado diverso, effetti significativi sulla vita sociale e politica dei cittadini e delle società in tutto il mondo. A uno sguardo non superficiale, si deve riconoscere come tali effetti si spingano ben al di là dell’obiettivo di contenere l’epidemia e, col trascorrere dei mesi, acquistino sempre più il carattere di modificazioni tendenzialmente stabili delle forme attraverso le quali si rende possibile l’esistenza sociale e individuale.

È bene chiarire che qui non si sostiene alcuna ipotesi di complotto o di regia occulta: siamo davanti a fenomeni oggettivi che traggono origine e, nello stesso tempo, rivelano la natura essenzialmente autoritaria di qualsiasi Stato, a prescindere dal suo regime politico.

Limitandoci per il momento al panorama italiano, si consideri che ci si sta avviando verso un ulteriore (il terzo, se non erro) prolungamento dello stato di emergenza che, a quanto pare, verrà esteso fino al 31 gennaio dell’anno venturo, raggiungendo così la durata di un anno circa dall’esordio dell’epidemia; e credo che a nessuno sfugga la possibilità che si vada ancora oltre. 

È legittimo chiedersi cosa renda necessario un tale stato di cose e perché non si possa affrontare la situazione sanitaria – perché di questo e di nient’altro dovrebbe trattarsi – mantenendo inalterate le ordinarie garanzie vigenti in un sistema di democrazia formale e, in primo luogo, l’equilibrio dei poteri soprattutto per quanto riguarda il rapporto fra organi esecutivi e assemblee rappresentative a qualsiasi livello.

lunedì 19 ottobre 2020

"La materia del soggetto" - Carlo Sini

Da: CarloSiniNoema - Convegno "TRANSINDIVIDUALE E NUOVO MATERIALISMO" - Carlo Sini è un filosofo e accademico italiano. 

Il convegno si è svolto presso l'Università degli studi di Milano il 27 marzo 2015 in occasione della pubblicazione del volume "Il transindividuale. Soggetti, relazioni, mutazioni" (AA.VV, a c. di E. Balibar e V. Morfino, Mimesis, 2014) e del nuovo numero della rivista «Nóema», 6-1 (2015): "La materia" (https://riviste.unimi.it/index.php/noema) dove è possibile leggere il testo degli interventi.

                                                                        

domenica 18 ottobre 2020

Come cambia l’economia dopo la pandemia? Ne parliamo con F. Schettino

Francesco Schettino  è un economista, docente All’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e all’Università Popolare Antonio Gramsci di Roma. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni ed è stato uno dei maggiori collaboratori della pregevole rivista marxista La Contraddizione (https://rivistacontraddizione.wordpress.com). Anche questo giornale ha ospitato alcuni suoi articoli. Dopo quelle rivolte a Domenico Moro e Alan Freeman, anche a lui, che ringraziamo per la disponibilità, rivolgiamo alcune domande in merito alla fase che si va sviluppando a seguito della pandemia. ( Federico Giusti per https://www.lacittafutura.it

Ascolta anche: https://www.spreaker.com/episode/41433464


Il capitalismo cerca di recuperare i margini di profitto sottraendo al salario sociale anche il meccanismo del debito pubblico. Lo Stato è ostaggio del suo maggiore azionista, i creditori. Occorre un audit del debito e il rilancio della pianificazione del sistema economico.


Domanda (D). La pandemia da Covid-19 ha senz’altro fatto da detonatore della crisi economica e l’ha inasprita. Per noi, però, la pandemia è intervenuta in un momento già critico per l’economia mondiale per cui essa non può essere considerata l’unica responsabile dei problemi economici che stiamo vivendo. Per te qual è la natura di questa crisi?

Risposta (R). Senza ombra di dubbio non si tratta di una nuova crisi. In altre parole, la Covid-19 ha agito da amplificatore della crisi da sovrapproduzione che già nel 2008 era esplosa in tutta la sua violenza - pur traendo origine almeno all'inizio degli anni 70. Del resto sarebbe sufficiente leggere i rapporti delle istituzioni internazionali - FMI in primis - che tra la fine del 2019 e l'inizio dell'anno in corso, vedevano il 2020 come l'annus horribilis considerando gli spaventosi passaggi a vuoto già avvenuti sui mercati finanziari statunitensi - e dunque mondiali - alla fine di settembre 2019.

D. La pandemia ha messo in evidenza alcuni grandi limiti della produzione snella e dell’internazionalizzazione dei processi produttivi. Pensi che questa crisi possa indurre le grandi aziende ed i loro governi a rivedere questo modello?

R. Molto improbabile. Il mercato è mondiale e la tendenza al monopolio è amplificata in momenti di crisi. È naturale che i piccoli produttori soccombano dinanzi alla marcia inarrestabile dei too big to fail (Troppo grande per fallire). L'internazionalizzazione non è più una scelta strategica ma uno stato di cose dettato proprio dallo sviluppo del capitale mondiale nella fase imperialistica attuale.

sabato 17 ottobre 2020

Un commento a margine dell'enciclica "Fratelli tutti" di Papa Francesco - Francesco Fistetti

Da: Nuovo Quotidiano di Puglia (Brindisi) - https://www.facebook.com/francesco.fistetti.5 francesco fistetti insegna Storia della Filosofia Contemporanea, Università di Bari. 



“I filosofi hanno solo interpretato il mondo diversamente: importa cambiarlo” (K. Marx)

La chiesa cattolica, in virtù della sua natura interclassista, quando assume posizioni critiche nei confronti del sistema capitalistico non può evitare di ricorrere, e dilimitarsi, a un approccio etico-morale con forti connotati universalistici. 
È questo il caso anche della recente enciclica "Fratelli tutti" di papa Bergoglio. 
A noi però tocca il compito di chiarire che la rivendicazione della fratellanza umana non può limitarsi a una dichiarazione di principio ma deve essere il risultato di cambiamenti effettivi e radicali del modo di produzione  di distribuzione della ricchezza socialmente prodotta. 

Ciò non significa negare il carattere umanistico e solidaristico dello scritto in questione, bensì riportarlo alla sua reale ispirazione, che risiede in un appello a valori i quali,  per quanto ampiamente condividisibili in quanto tali, non hanno di per sé la forza di cambiare nemmeno di una virgola il reale stato delle cose. 
La dottrina sociale della Chiesa nasce, storicamente, in contrapposizione ai movimenti socialisti. Nonostante i vari tentativi di adeguarsi allo sviluppo del mondo capitalistico e alle crescenti diseguaglianze che ne costituiscono l'essenza e il risultato - e  qui si potrebbero citare molti esempi a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II - la Chiesa cattolica non è mai stata in grado di compiere una decisa scelta di campo: il suo atteggiamento si potrebbe definire un riformismo equanime e cauto, che fa appello a una " umanità" data come già esistente sulla base di un assunto teologico, vale a dire la comune appartenenza degli uomini a una dimensione trascendente che li rende "Fratelli tutti" perché tutti figli di dio. 
Ma questa prospettiva unificante sul piano metafisico non ha impedito alla Chiesa di stipulare concordati con fascismo e il nazismo o di appoggiare , più o meno esplicitamente, regimi sanguinari e oppressivi come quello di Pinochet e della dittatura militare argentina, per citare solo due esempi fra i più clamorosi. E non mi sembra che nessun papa abbia mai chiesto perdono per tali scelte. La Chiesa è lenta e prudente. Ha impiegato più di quattrocento anni per riconoscere, e con molte sottili precisazioni, di aver esagerato - per usare un eufemismo - nei confronti di Galileo. 
D'altra parte, papa Wojtyla, nemmeno moltissimo tempo fa, rifiutò di abbracciare il nicaraguense teologo della liberazione Ernesto Cardenal, colpevole di posizioni eterodosse non sul piano teologico, ma politico. E quel papa è stato proclamato santo a furor di popolo. 
Insomma, eguaglianza e umanitarismo sì, ma solo come effetto di una conversione spirituale e non di lotte per l'emancipazione. A noi non sembra una posizione che porti lontano. Anzi ci appare come una sorta di appello perché tutto cambi senza cambiare nulla. L'universalismo cattolico senza la lotta di classe serve a poco. E se riprende la lotta di classe, allora non serve più. (il collettivo)
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La lettura dell’ultima enciclica di papa Francesco, 
Tutti fratelli” (http://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20201003_enciclica-fratelli-tutti.html), per la radicalità del messaggio che intende trasmettere, non solo conferma quanto la figura dell’attuale pontefice risulti invisa a una struttura di potere consolidatasi nei secoli, ma soprattutto rivela un’idea di cristianesimo che, proprio rifacendosi alle fonti originarie del Vangelo e delle Scritture, si propone di parlare direttamente alle nazioni e ai popoli della terra. Coinvolgendo in questo gesto di apertura tutte le confessioni religiose e le comunità di credenti, ma al contempo la cultura laica nelle sue espressioni più alte di valorizzazione della dignità umana (filosofiche, politiche e scientifiche). 
 
Si potrebbe dire che questa enciclica è ecumenica non tanto perché è indirizzata al genere umano nella sua interezza, quanto piuttosto perché pone al centro della riflessione il destino stesso del genere umano e le vie da percorrere per salvarsi da una catastrofe incombente. Sotto questo profilo, l’orizzonte di pensiero entro cui l’enciclica si muove è un orizzonte planetario (l’Ecumene della globalizzazione e, in particolare, l’Ecumene squassata dal capitalismo finanziario globalizzato). Non a caso la metafora più usata è quella nautica: siamo tutti sulla stessa nave e possiamo salvarci solo se recuperiamo e poniamo in essere i valori dell’eguaglianza e della solidarietà. 

giovedì 15 ottobre 2020

Don Giovanni - Umberto Curi

Da: Festivalfilosofia - Umberto Curi è un filosofo italiano. 

                                                                              

mercoledì 14 ottobre 2020

Che fare nella crisi? Ne parliamo con Alan Freeman

Da: https://www.lacittafutura.it 

Leggi anche: Il disagio dei marxisti: la crisi, la finanza e la caduta del saggio del profitto. - Alan Freeman

Dopo l’intervista a Domenico Moro, continuiamo con Alan Freeman, che ringraziamo per la disponibilità, le nostre interviste a economisti e lavoratori militanti sulla situazione che si va affermando a seguito della pandemia che ha investito il modo e soprattutto i paesi a conduzione liberista, molto più impreparati ad affrontare l’emergenza sanitaria. (Ascanio Bernardeschi per https://www.lacittafutura.it)

Alan Freeman, uno dei principali economisti della Greater London Authority ai tempi di Ken Livingstone, è stato docente universitario ed è uno dei massimi esponenti della scuola del Temporary Single System Interpretation (TSSI). Ha pubblicato, come autore e curatore, diversi libri sulla teoria del valore di Marx. Attualmente è condirettore del Geopolitical Economy Research Group e anche in tale veste è autore di diversi libri sui cambiamenti che stanno intervenendo a livello geopolitico. Le sue pubblicazioni si possono trovare qui


La crisi del capitalismo ha come cause la questione ecologica, la natura dell’accumulazione capitalistica e le crescenti diseguaglianze fra nazioni. L’immissione di liquidità non può risolvere questi problemi. Serve il ritorno del protagonismo delle classi lavoratrici e una politica estera indipendente.



Domanda (D). Alan, la pandemia da Covid-19 ha senz’altro fatto da detonatore della crisi economica e l’ha inasprita. Noi riteniamo però che essa sia intervenuta in un momento già critico per l’economia mondiale e che pertanto non possa essere considerata l’unica responsabile dei problemi economici che stiamo vivendo. Per te qual è la natura di questa crisi?

Risposta (R). Tutte le crisi sono la conseguenza di una combinazione di cause. Il problema non è di utilizzare questo fatto ovvio in una maniera facile e superficiale per evitare decisioni difficili, come fanno molti commentatori, ma, per poter agire, di identificare in ciascuna crisi particolare quali cause particolari operano.

La crisi attuale nasce da tre processi interagenti tra di loro, che fino ad ora si sono evoluti in maniera semi autonoma e ora si sono combinati in un unico evento storico, portando al culmine la tendenza alla crisi che era già intrinseca a ciascuno di loro (cioè una sospensione incontrollata e insolitamente rapida della normalità). Con ciò è giunta a termine l'autonomia dei tre processi, con la conseguenza che anche la loro soluzione è interconnessa; vale a dire che non è più praticabile risolverne qualcuno indipendentemente dagli altri, sia pure per un periodo piuttosto breve.

Questi processi sono: la conseguenza ecologica del rapporto tra la società umana e le risorse naturali da cui essa dipende, la relazione tra accumulazione monetaria e produzione umana e le conseguenze dell'ordine politico mondiale postcoloniale, ma pur sempre imperialista.

L'erosione delle fondamenta su cui poggia ciascuno di questi processi è in atto dalla fine degli anni cinquanta, ma in tutti e tre in maniera combinata si è ormai raggiunto un "punto critico"; e questa è la natura della crisi attuale.

Cominciamo con il primo, cioè il rapporto ecologico tra natura ed esseri umani. Nelle circostanze immediatamente scaturite dalla pandemia da COVID, esso si è agevolmente imposto su tutte le altre questioni; quindi metterlo al secondo o al terzo posto equivarrebbe a comportarsi come il proverbiale struzzo.

domenica 11 ottobre 2020

Domenico Losurdo: Nietzsche, il ribelle aristocratico - Maurizio Brignoli

 Da: http://www.filosofia.it - 

Vedi anche: Un altro Nietzsche - Domenico Losurdo

NIETZSCHE, Lo scriba del Caos - Carlo Sini

Marx, il liberalismo e la maledizione di Nietzsche*- Paolo Ercolani

Nietzsche e la crisi dell'epoca moderna - Costantino Esposito 

Nietzsche - Antonio Gargano

Leggi anche: 

Storia e oggettività in Nietzsche*- Vladimiro Giacché 

IL LIBRO DEL FILOSOFO* - Stefano Garroni 

Appunti su “la Distruzione della Ragione”, di György Lukács -


Losurdo, Domenico, Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico. Bollati Boringhieri, Torino 2002, pp. 1167.



Domenico Losurdo sviluppa in Nietzsche, il ribelle aristocratico una scrupolosa e dettagliata ricostruzione del contesto storico e del dibattito culturale coevo quali premesse per comprendere l’evoluzione della carica dissacratoria del pensatore di Röcken.

Fin dalla Nascita della tragedia è possibile vedere come gli spunti politici non siano esterni alla riflessione estetica e come la grecità sia una categoria filosofica elaborata in contrapposizione al mondo moderno, soprattutto alla Francia contemporanea attraversata dalle rivoluzioni. Il pericolo mortale, che sfocia nella rivolta servile della Comune, ha le sue origini nell’illusione moderna della possibilità di conoscere e trasformare la realtà, eliminandone la componente tragica e negativa. Causa di ciò è l’ottimismo, la fede nella felicità terrena di tutti che produce lo scontento nel ceto degli schiavi e li porta a sentire come ingiusta la propria condizione. La crisi della grecità tragica sta nell’ottimismo socratico che crede nell’insegnabilità della virtù e nell’attesa di un mondo felice. Il popolo tedesco, che ha sconfitto la Francia socratica della rivolta servile, deve essere l’erede della civiltà greca. 

Se questa critica alla sovversiva idea di felicità comune è diffusa fra Sette e Ottocento, l’originalità di Nietzsche consiste proprio nel procedere il più indietro possibile nell’individuare l’origine della sovversione. Mentre l’ottimismo moderno porta alla rivolta e il cristianesimo alla fuga dal mondo, l’arte-religione greca promuove la felicità dell’esistenza, nonostante la coscienza del dolore della schiavitù che è a fondamento di ogni civiltà. Riflessione estetica e politica sono così strettamente unite ed è la politica a costituire l’aspetto principale che permette di cogliere l’unità tra i riferimenti al movimento socialista e alla guerra franco-prussiana e le analisi della tragedia eschilea e wagneriana. Siamo in presenza di una filosofia della storia caratterizzata dalla polemica contro lo «spirito del tempo» (Zeitgeist), dalla «critica del tempo presente» (Zeitkritik), in ultima analisi dal rifiuto della modernità (pp. 66-67). Il mondo non necessita di alcuna giustificazione estrinseca: al posto di una teodicea si pone così una cosmodicea che, oltre a eliminare la trascendenza cristiana, elimina anche qualsiasi trascendenza rivoluzionaria. 

Lo stesso concetto universale di uomo è un’astrazione che non appartiene al mondo greco: la differenza tra uomo e uomo emerge nella celebrazione della personalità eccezionale. È però solo con Nietzsche che questa metafisica del genio, presente in Lagarde, Wagner, Schopenhauer, Mill, diviene il centro di un programma politico di contrapposizione radicale alla modernità e alle tendenze sovversive e massificanti ad essa connesse (p. 101). 

Nietzsche spera che con l’affermarsi dell’essenza dionisiaca del popolo tedesco si possano superare le lacerazioni della modernità: la Nascita della tragedia non fa che tradurre in linguaggio dionisiaco questo ideale nato dalla vittoria sulla Francia illuminista e rivoluzionaria. Vi sono però altri miti genealogici che cercano di legittimare il Secondo Reich: quello cristiano-germanico di Wagner, quello puramente germanico dei teutomani e quello ariano-greco-germanico di Schopenhauer. Nella loro diversità, questi miti hanno in comune l’antiebraismo e, nel giovane Nietzsche, le antitesi grecità tragica/modernità e pessimismo/ottimismo coincidono con le dicotomie Germania/Francia e germani/ebrei. Il Nietzsche pre-illuminista è allora un antisemita? È forse più corretto parlare di un antigiudaismo (critica che non mette in discussione l’eguaglianza civile e politica) che può sconfinare nella giudeofobìa (ostilità che porta alla discriminazione politico-sociale); inoltre, l’ebraismo non viene definito da Nietzsche in termini razziali e la successiva presa di distanza da questa giudeofobìa emerge in contrasto con la rozzezza naturalistica dell’antisemitismo wagneriano. L’analisi della modernità, in cui l’antigiudaismo svolge un ruolo significativo, in certa misura si autonomizza rispetto a questi elementi giudeofobi che pure l’hanno accompagnata.