martedì 15 luglio 2025

Russia, Israele e Usa. Il dialogo sulla geopolitica con Alessandro Orsini​

Da: Il Fatto Quotidiano - Alessandro Orsini è direttore del Centro per lo Studio del Terrorismo dell’Università di Roma Tor Vergata, Research Affiliate al MIT di Boston e docente di Sociologia del terrorismo alla LUISS. (Alessandro Orsini - https://www.facebook.com/orsiniufficiale/?locale=it_IT


L'intervista di Alessandro Orsini alla ‪@theeleutheriafoundation‬

                                                                          

lunedì 14 luglio 2025

IL DIFFICILE ADATTAMENTO ALL’EPOCA STORICA - Pierluigi Fagan

Da: https://www.facebook.com/pierluigi.fagan - Pierluigi Fagan pensatore indipendente sul tema della complessità, nella sua accezione più ampia: sociale, economica, politica e geopolitica, culturale e soprattutto filosofica [cosa si intende per “complessità” è specificato qui]. -
Vedi anche: Il problema del limite. La scienza e il postumano - Remo Bodei 


L’enorme inflazione di esseri umani occorsa negli ultimi settanta anni (aumento di tre volte della popolazione in settanta anni, partendo dalla già ragguardevole cifra di 2,5 mld), ha generato un nuovo ed inedito stato del mondo. 

La sua prima caratteristica è il venirsi a formare di un vero e proprio sistema mondo unificato. Scambi internazionali di persone, informazioni e comunicazioni, materie-energie e prodotti o servizi, denaro e strategie, hanno tessuto un unico, aggrovigliato gomitolo. 

Ingenuo chi pensa che tale tessitura sia reversibile, la sua reversibilità non è conforme la natura delle società umane che sono naturalmente aperte alle reciproche interrelazioni. Il sogno di farsi isola in un mondo di isole chiuse come le monadi di Leibniz è una regressione emotiva irrealistica. 

La seconda caratteristica è il presentarsi di un concetto dominante col quale non abbiamo dimestichezza: il limite. 

Più di ogni altra, la civiltà occidentale è quella che ha vissuto gli ultimi secoli della c.d. “modernità”, nella condizione di illimitatezza. L’intero pianeta, le sue terre e le altre popolazioni, erano a disposizione per alimentare il nostro sviluppo e crescita, per quanto l’impeto di crescita economica già dagli anni ’70 a partire dall’Europa si è trasformata in decrescita demografica. Sono più di cinque decenni che sprofondiamo compatti sotto l’indice di sostituzione (2,1 figli per coppia) e dopo di noi, piano piano anche altre parti del mondo a partire dall’Asia orientale. Tuttavia, i lenti ritmi temporali delle transizioni demografiche faranno dì che ancora fino al 2050 cresceremo arrivando a quadruplicarci rispetto al 1950. 

domenica 13 luglio 2025

Lezioni di Archeologia - Filippo Coarelli

Da: https://bianchibandinelli.it - Filippo Coarelli è un archeologo italiano, già docente di Storia romana e di Antichità greche e romane all'Università di Perugia. È stato allievo di Ranuccio Bianchi Bandinelli.

Vedi anche: Antichità Romane (Lez.1) / Introduzione | RLeS - Filippo Coarelli  

"Roma Antica" - Filippo Coarelli  

ROMA E ANNIBALE - Una storia in movimento  

Augusto: la morale politica di un monarca repubblicano - Luciano Canfora 


Lezioni di Archeologia, Filippo Coarelli: i video 

Il Mausoleo di Augusto e il Mausoleo di Alessandro
Il Pantheon 

Il Foro di Augusto 

sabato 12 luglio 2025

FERMARE ISRAELE. LE FIRME DEL MONDO SULLA VIA DI TEHERAN - Pino Cabras

 Da: https://megachip.globalist.it - https://www.facebook.com/pinokabras - Pino Cabras è un politico e giornalista italiano, deputato della XVIII legislatura prima per il Movimento 5 Stelle e poi, dopo la sua espulsione, per Alternativa. 


Un appello urgente denuncia le gravi violazioni del diritto internazionale da parte del regime israeliano contro l’Iran, chiedendo l’intervento immediato delle Nazioni Unite per fermare l’aggressione, proteggere i civili e salvaguardare la legalità globale.

Non solo Gaza. Proprio nel pieno dell’aggressione israeliana all’Iran (la guerra dei 12 giorni che rischiava di innescare una guerra molto più vasta), avevo firmato questo appello partito dall’Iran e rivolto al segretario generale dell’ONU e alla direttrice generale dell’UNESCO. Mi sono ritrovato in una compagnia di firmatari che abbraccia tutto il mondo, assieme a personalità davvero illustri e coraggiose, inclusi tanti occidentali e molti esponenti del mondo ebraico che rifiutano l’eresia genocida della classe dirigente israeliana e dei suoi complici. L’ho tradotto in italiano e ve lo ripropongo, per la forza precisa con cui riafferma i diritti violati dall’aggressione israeliana. Il tema rimane più che mai caldo, perché quella che fin qui si è vista è solo una tregua, mentre i propositi bellicosi rimangono in campo, pronti a nuovi pericolosi e criminali avventurismi.

Buona lettura!  - 8 Luglio 2025 - 

Pino Cabras  ----------------------

Destinatari:

Sua Eccellenza Sig. António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite

Sua Eccellenza Sig.ra Audrey Azoulay, Direttrice Generale dell’UNESCO.

—– Oggetto: Appello urgente per un’azione contro l’aggressione militare illegale del regime israeliano contro l’Iran —-

venerdì 11 luglio 2025

IL CASO VAROUFAKIS - Emiliano Brancaccio

Da: Emiliano Brancaccio - https://www.facebook.com/emiliano.brancaccio.3 - Emiliano Brancaccio è professore di Politica economica presso l'Università del Sannio - Emiliano Brancaccio - www.emilianobrancaccio.it

“[..] Quando Varoufakis sostenne che non avrebbe applicato l’articolo 65 del trattato per non far sentire i risparmiatori greci ‘di serie B’ rispetto ai risparmiatori europei, commise un errore. Un errore di posizionamento nella linea di demarcazione di classe. [..]” 

“[..] Per quelle che sono le testimonianze di Varoufakis e per quelle che sono le memorie di Tspiras, era difficile trovare anche nella Russia e nella Cina dei possibili interlocutori esteri in caso di uscita dal sistema dell’Unione monetaria europea. Tuttavia, io credo vi fossero le condizioni per muoversi nella direzione dell’applicazione dell’articolo 65. Si sarebbe lanciato un diverso segnale al movimento internazionale di classe. Diverso dal messaggio che purtroppo abbiamo ereditato da quella tragedia: la messa in ginocchio dei rivoltosi, in Grecia e in tutta Europa [..]”. 

NEL DECENNALE DELLA TRAGEDIA GRECA 

Nel decennale della tragedia greca, troppe parole al vento di chi poco sapeva allora e meno ricorda oggi. Qui una retrospettiva per più di un verso ancora valida. Con un’aggiunta. Nello scontro tra i mega-blocchi, all'epoca ancora latente, la crisi greca avrebbe potuto rivelarsi fattore sia di accelerazione sia di reinterpretazione. In un’ottica internazionale di classe, oggi più che mai assente, oggi più che mai necessaria. (E. Brancaccio)

                                                                            

giovedì 10 luglio 2025

"Collasso Ecologico": cosa direbbe Marx oggi - Frasi di Marx (5)

Da: l'AntiDiplomatico - https://www.lantidiplomatico.it -

Nuovo video di "Frasi di Marx" (tradotto in italiano) presentato dalla Prof. Alessandra Ciattani: vi sono numerosi ambientalisti che in buona fede continuano a presentare il pensiero di Karl Marx come completamente alieno dalla crisi ecologica e insistono nel presentarlo come un rozzo economista, entusiasmato dal produttivismo e per questo in certi casi persino elogiatore del sistema capitalistico. Eppure al centro del suo pensiero sta il concetto di totalità, che applicato all’analisi dialettica della “formazione economico-sociale”, mostra che il suo interesse va a tutte le istanze della vita sociale e soprattutto alla complesse e contraddittorie relazioni che esse intrattengono tra di loro. In particolare, in questo caso, la relazione tra produzione e degrado ambientale. Purtroppo l’assenza di tale concetto di totalità conduce alla convinzione che i problemi strutturali di un sistema si possano risolvere con riforme, con interventi parziali, miglioramenti di alcuni suoi aspetti, mentre la vera soluzione sta nella sostituzione del sistema stesso. 

Inoltre, non auspicando questa drastica soluzione, ci vogliono convincere che siamo noi i colpevoli di questa catastrofe e tutti i giorni, magari non usando più le borse di plastica o impiantando un pannello solare, potremo dare il nostro piccolo contributo a una soluzione a questo drammatico problema. In tutt’altra logica il video illustra in maniera semplice ma profonda la contraddizione fondamentale del capitalismo che sta alla base della gravissima crisi ecologica, che certamente le attuali guerre non posso che peggiorare. Questa contraddizione è incarnata nell’essenza stessa del capitalismo, il cui obiettivo è costituito dalla crescita infinita, da cui scaturisce la valorizzazione infinita del capitale, che però si realizza in un pianeta che ha risorse finite. Questa scelta economico-politica ha prodotto la rottura del rapporto metabolico uomo/natura, la quale si basa sul fatto che il capitalista non si preoccupa dei costi distruttivi della produzione di ogni tipo di merce e li scarica semplicemente su di noi e sull’ambiente circostante, che risulta sempre più contaminato fino a diventare invivibile. D’altra parte, il capitalista non può fare a meno di comportarsi così, perché se non lo facesse le sue merci sarebbero più care e suoi concorrenti lo sconfiggerebbero. Il risultato finale di questi processi è la feticizzazione della merce, posta al di sopra di tutto, e l’alienazione (il lavoratore è separato ha ciò che ha prodotto, che appartiene al capitalista, allo stesso tempo è separato dalla natura, che non è più il grembo che lo accoglie, ma il nemico da cui bisogna estrarre tutte le risorse). 

La conclusione dell’intero ragionamento è che il capitalismo verde è del tutto impossibile e contraddittorio. 

 Fonti principali: 
"Il Capitale", Tomo I y III, "Manoscritti Economico-Filosofici del 1844", "La Ideologia tedesca" "Grundrisse". 
Per approfondire: • John Bellamy Foster: "La Ecologia di Marx" • Andreas Malm: "Il Progresso di questa tormenta" • Joel Kovel: "Il nemico della Natura" • R. Lewontin e R. Lewon, “The Dialectical Biologist”.
                                                                           

mercoledì 9 luglio 2025

Il sionismo ideologia razzista di un movimento coloniale - Ilan Pappé

Da: https://www.infoaut.org - https://informationclearinghouse.blog/2023/10/24/professor-ilan-pappe-crisis-in-zionism-opportunity-for-palestine/13/ - Traduzione a cura di Aginform, da Marx21 - Ilan Pappé è docente presso l’Università di Exeter ed è stato senior lecturer di scienze politiche presso l’Università di Haifa. È l’autore de “La Pulizia etnica della Palestina” e “Dieci Miti su Israele”. Pappé è definito come uno dei “nuovi storici” che, dopo la pubblicazione di documenti britannici e israeliani a partire dai primi anni ‘80, hanno riscritto la storia della fondazione di Israele nel 1948.

Leggi anche: «10 miti su Israele» di Ilan Pappé - Michele Giorgio 

“Dal ‘48 Israele vuole disfarsi del popolo palestinese” - RACHIDA EL AZZOUZI intervista ILAN PAPPÉ -

Vedi anche: Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina - ILAN PAPPÉ


Quella che segue è una conferenza tenuta da Ilan Pappé il 19 ottobre scorso (2023) all’università di Berkeley in California (il titolo è nostro). Pappé, attualmente direttore del Centro europeo per gli studi sulla Palestina presso l’Università di Exeterer nel Regno Unito, è uno storico che ha insegnato all’università di Haifa, dalla quale è stato espulso per le sue denunce del carattere razzista del sionismo e per il suo lavoro di storico che ha documentato in modo inoppugnabile la pulizia etnica della Palestina che i sionisti hanno sempre cercato di occultare attribuendola a cause diverse ma non a una loro deliberata programmazione. Il suo lavoro del 2006 su questo argomento è disponibile anche in italiano (La pulizia etnica della Palestina, Fazi Editore 2008). Sua tra molte altre anche l’opera su Gaza e Cisgiordania, anche questa disponibile in italiano: 
La più grande prigione del mondo, storia dei territori occupatiFazi Editore, 2022. 
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Grazie per la gentile presentazione, grazie a tutti per essere qui oggi. Voglio ringraziare tutti gli l’organizzatori che hanno reso possibile questo evento e apprezzo davvero che abbiate dedicato del tempo per essere con noi in questo momento cruciale e doloroso nella storia di Israele e della Palestina.

Prima del 7 ottobre 2023 la maggior parte della società ebraica israeliana guardava con una certa paura e apprensione alle ultime settimane di questo mese. Il discorso principale in Israele fino al 7 ottobre 2023 riguardava quale sarebbe stato il futuro di Israele. Le manifestazioni settimanali di centinaia di migliaia di israeliani facevano parte di un movimento di protesta contro il tentativo del governo di cambiare la legge costituzionale in Israele e creare un nuovo sistema politico nel quale i poteri politici avrebbero avuto il controllo totale sul sistema giudiziario e la società civile sarebbe stata sottoposta a un controllo più stretto da parte dei gruppi messianici e degli ebrei religiosi. In uno dei miei articoli avevo descritto la particolare lotta per l’identità di Israele, che è stata al centro dell’attenzione fino al 7 ottobre 2023, come una lotta tra lo Stato di Giudea e lo Stato di Israele. Lo stato della Giudea era quello stabilito in Cisgiordania dai coloni ebrei, una sorta di combinazione di giudaismo messianico, fanatismo sionista e razzismo ed era diventato una sorta di struttura di potere, assai cresciuta per prominenza e importanza negli ultimi anni soprattutto sotto il governo Netanyahu, che stava per imporre il suo modo di vivere, la sua percezione della vita, al resto di Israele ben oltre quella che chiamiamo Giudea, oltre la Cisgiordania e lo spazio ebraico in Cisgiordania. Contro questa struttura si muoveva lo ‘stato di Israele’, simboleggiato al meglio dalla città di Tel Aviv, con l’idea di un Israele pluralista, democratico, laico, soprattutto occidentale o se volete europeo, in lotta esistenziale contro lo ‘stato della Giudea’. Questo scontro sembrava essere al centro di quella che si potrebbe definire quasi una guerra civile e, se non una vera guerra civile, almeno una guerra fredda civile, sicuramente una guerra culturale tra gli ebrei israeliani.

martedì 8 luglio 2025

Ottusità - Alessandro Volpi

Da: https://www.facebook.com/alessandro.volpi.5 - Alessandro Volpi docente di Storia contemporanea, di Storia del movimento operaio e sindacale e di Storia sociale presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa.

Leggi anche: Forza militare per coprire debolezza economica. Al b-movie di Trump pare credere solo l’Europa - Alessandro Volpi 


La guerra commerciale degli Stati Uniti verso l'Europa è in corso, con dazi al 10%, come tariffa generale, al 25% sull'automotive e al 50% su acciaio e alluminio. 

Per dare un solo dato, esemplificativo, di questo quadro, è sufficiente ricordare che le esportazioni di acciaio italiane negli Stati Uniti sono passate da 900 mila tonnellate a meno di 250 mila. 

Ora, Trump, in attesa della scadenza della moratoria il cui termine finale è fissato al 9 luglio, minaccia di aggravare la situazione e fa sapere che stanno per partire lettere in cui sono contenuti aumenti unilaterali dei dazi fino al 70%. 

In particolare, per i prodotti agricoli europei, i dazi minacciati sono previsti ad oltre il 17%: è evidente che si tratta di una misura molto pesante per l'Italia che esporta in Usa prodotti agricoli per quasi 8. miliardi di euro l'anno. 

In estrema sintesi le guerre commerciali, e in particolare, quelle contro l'Europa sono destinate a infuocarsi, con danni rilevanti sulle nostre filiere produttive. 

C'è una ragione di questo inasprimento: gli Stati Uniti hanno bisogno di soldi. Il costo del collocamento del debito federale è diventato insostenibile e l'appena approvato Big Beautiful Bill prevede una ulteriore riduzione delle tasse agli americani, soprattutto, di quelli che hanno patrimoni finanziari, che deve essere coperta - secondo il dettato della stessa legge - con maggiori entrate dai dazi. 

Dunque, per gli Stati Uniti porre dazi pesanti e costringere i paesi che esportano in terra americana a pagarli è diventata una condizione di sopravvivenza. Senza le entrate dei dazi, il presidente Trump rischia di essere il primo presidente a dichiarare fallimento. 

E' evidente allora che la questione dei dazi presenta, appunto, i tratti della guerra e, alla luce di ciò, tutte le genuflessioni europee sono davvero tragiche e ridicole al tempo stesso. 

Se l'Europa, e il fantastico governo italiano in primis, non capisce che Trump sui dazi non può fare sconti, il disastro economico sarà molto rapido perché alle gigantesche commesse alle industrie delle armi Usa, al trasferimento, attraverso i grandi fondi, del risparmio europeo verso i titoli americani, si aggiungono dazi che strangolano un sistema produttivo come quello europeo che è stato, purtroppo, per anni "drogato" dalla possibilità di vendere Oltreoceano, supplendo alla domanda interna impoverita da folli austerità. 

Il capitalismo americano è in profonda crisi e per sopravvivere sta strangolando l'Europa che pare ben felice di farsi strangolare per evitare proprio il crollo del capitalismo stesso. 

Naturalmente, come ha scritto qualcuno, le guerre commerciali sono guerre di classe e a farne le spese saranno in primis le fasce di popolazione con redditi bassi, destinate a subire licenziamenti, riduzioni delle retribuzioni, per abbassare i prezzi dei beni sottoposti a dazi Usa, e gli inevitabili effetti inflazionistici. 

Ma dobbiamo accettare tutto questo perché il 4 luglio è diventata la vera festa nazionale italiana. 

lunedì 7 luglio 2025

Chris Hedges: "Un genocidio annunciato" - Alessia Arcolaci

Da: https://www.vanityfair.it -  Giornalista, autrice, podcaster. - Chris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer, è stato corrispondente estero per quindici anni per il New York Times, dove ha lavorato come capo dell'Ufficio per il Medio Oriente e dell'Ufficio balcanico per il giornale. -

Leggi anche: “Quando il mondo dorme”, di Francesca Albanese - Lidia Ravera  

Aggiornamento sulle regole per discutere delle guerre israeliane - Caitlin Johnstone

Vedi anche. Fame e speculazione a Gaza - Chris Hedges intervista Francesca Albanese 

Palestina, il premio Pulitzer Chris Hedges: «Il genocidio non finirà senza intervento esterno. Dobbiamo dare voce alla verità che l'élite vuole silenziare». 

Il premio Pulitzer Chris Hedges in libreria per Fazi Editore con «Un genocidio annunciato», uno straordinario reportage dalla Palestina, con testimonianze dirette e racconti sul campo. L'intervista di Alessia Arcolaci 

«Non sono mai stato uno stenografo dei potenti». Chris Hedges, premio Pulitzer, usa le parole con precisione chirurgica, come solo i grandi sanno fare davvero. E lui è uno di questi. Mentre la situazione in Palestina raggiunge nuovi picchi di atrocità, con le distribuzioni alimentari bloccate e con i soldati israeliani che sparano sui civili in fila mentre aspettano un sacco di farina, i bambini gravemente malnutriti, Hedges torna ad accendere una luce sulle responsabilità, anche internazionali, di un genocidio, quello palestinese, che ha radici profonde ma visibili. Lo fa pubblicando un reportage straordinario, Un genocidio annunciato, in libreria per Fazi Editore, dopo essere tornato in Cisgiordania vent'anni dopo l'ultima volta. «Il tempo sembra non essere passato. Gli odori, le sensazioni, le emozioni e le immagini, la cadenza melodiosa dell'arabo e il miasma della morte violenta e improvvisa che aleggia nell'aria evocano il male antico. È come se non fossi mai partito». 

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Lei è tornato in Palestina nel luglio 2024 dopo vent’anni. C'è stato un momento che ha cambiato la sua comprensione di quello che stava accadendo?

«Due cose mi hanno colpito quando mi sono recato in Cisgiordania dopo vent’anni. La prima è che nulla è cambiato nel sistema di occupazione: i checkpoint, i mezzi militari israeliani, strade riservate ai coloni e all’esercito, e la consapevolezza costante che, in qualsiasi momento, può scatenarsi violenza letale. Circa mille palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania dall’inizio del genocidio a Gaza. La seconda: l’espansione dell’occupazione è drammaticamente aumentata, con circa 700mila coloni oggi nelle colonie, e sempre più terre palestinesi confiscate. Dopo il 7 ottobre, si sono formate milizie di coloni armati con fucili d’assalto israeliani, che attaccano regolarmente villaggi palestinesi. Il livello di paura, pur non paragonabile a Gaza, è comunque intenso». 

Il suo reportage è ricco di voci dal territorio, di civili palestinesi. 

domenica 6 luglio 2025

"È un campo di sterminio": ai soldati dell'IDF è stato ordinato di sparare deliberatamente ai cittadini di Gaza disarmati in attesa di aiuti umanitari - Articolo inchiesta di Haaretz

Da: https://www.haaretz.com - https://www.facebook.com/haaretzcom - https://www.facebook.com/fabio.filippi.52 - 

Dunque, dato che sono cominciate a girare le affermazioni più assurde rispetto all'articolo di Haaretz in cui si denunciava come l'esercito israeliano avesse aperto il fuoco verso palestinesi semplicemente affamati, e che non rappresentavano alcun pericolo, ho tradotto con Google il testo originale dell'articolo, in modo tale che tutti possano farsi una idea diretta dell'articolo, senza mediazioni.
Ricordo che l'articolo è di uno fra i più prestigiosi giornali israeliani, e che i giornalisti hanno direttamente raccolto testimonianze da soldati e ufficiali dell'esercito israeliano. Quindi qui della presunta propaganda di Hamas non può esserci traccia. Sono giornalisti isrealiani che intervistano militari israeliani.
Credo sia un documento importante che merita di essere diffuso. (Fabio Filippi) 

ARTICOLO DI HAARETZ 

"È un campo di sterminio": ai soldati dell'IDF è stato ordinato di sparare deliberatamente ai cittadini di Gaza disarmati in attesa di aiuti umanitari. Ufficiali e soldati dell'IDF hanno dichiarato ad Haaretz di aver ricevuto l'ordine di sparare contro la folla disarmata vicino ai punti di distribuzione di cibo a Gaza, anche in assenza di una minaccia. Centinaia di palestinesi sono stati uccisi, spingendo la procura militare a chiedere una indagine dei possibili crimini di guerra.
Netanyahu e Katz respingono le accuse, definendole "diffamazioni". 

I soldati israeliani a Gaza hanno dichiarato ad Haaretz che nell'ultimo mese l'esercito ha sparato deliberatamente contro i palestinesi nei pressi dei siti di distribuzione degli aiuti. 

Dalle conversazioni con ufficiali e soldati emerge che i comandanti hanno ordinato alle truppe di sparare sulla folla per allontanarla o disperderla, nonostante fosse chiaro che non rappresentava alcuna minaccia. 

Un soldato ha descritto la situazione come un decadimento totale dei codici etici delle Forze di difesa israeliane a Gaza. 

Secondo il Ministero della Salute di Gaza, guidato da Hamas, dal 27 maggio 549 persone sono state uccise vicino ai centri di soccorso e nelle aree in cui i residenti attendevano i camion di cibo delle Nazioni Unite. Oltre 4.000 sono rimasti feriti, ma il numero esatto di coloro che sono stati uccisi o feriti dal fuoco delle IDF rimane incerto. 

Secondo quanto appreso da Haaretz, l'avvocato generale militare ha incaricato il meccanismo di valutazione conoscitiva dei fatti dello Stato maggiore delle IDF, un organismo incaricato di esaminare gli incidenti che comportano potenziali violazioni delle leggi di guerra, di indagare sui presunti crimini di guerra commessi in questi siti. 

In una dichiarazione rilasciata in seguito alla pubblicazione di questa denuncia, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu e il Ministro della Difesa Israel Katz hanno respinto le accuse, che hanno definito "diffamazioni". 

sabato 5 luglio 2025

“Quando il mondo dorme”, di Francesca Albanese - Lidia Ravera

Da: Lidia Ravera - Lidia Ravera  è una scrittrice e giornalista italiana. - Francesca Albanese è una giurista e docente italiana, specializzata in diritto internazionale e diritti umani. Dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. 

Quando il mondo dorme”, di Francesca Albanese, incomincia con Hind Rajab che se ne sta rannicchiata sul sedile posteriore della macchina degli zii con i quattro cuginetti. E’ appena arrivato l’ennesimo ordine di evacuazione nell’area ovest di Gaza. E’ pomeriggio e il fragore della bombe si avvicina, gli zii sono nervosi, la macchina all’improvviso si ritrova sotto il fuoco dell’artiglieria israeliama.Poi cala “un gelo surreale”. Hind si guarda attorno:nessuno parla e stanno tutti accartocciati su se stessi. Con le mani che stanno sicuramente tremando, Hind prende il telefono tra le dita della quindicenne Layan, colpita mentre stava parlando con gli operatori della Mezzaluna rossa e dice: “ Il carro armato è accanto a me si sta muovendo,Verrai a prendermi? Ho tanta paura” Queste poche frasi , pronunciate da una bambina di sei anni, sono rimaste registrate, a futura memoria. I soccorsi non sono arrivati in tempo, Hind è morta da sola. E tutto l’equipaggio dei soccorritori, che ha impiegato tre ore ad ottenere il permesso per andare a salvarla, è stato annientato. Il cadavere della bambina spaventata sarà ritrovato 12 giorni dopo. Crivellato di colpi. Le perizie parlano chiaro: non possono non aver visto , dal carrarmato, che il Target era una bambina. Non un pericoloso terrorista. 

Quando il mondo dorme” incomincia con Hind Rajab e finisce con Refaat Alareer, poeta, professore e grande sostenitore di “We Are Not Numbers”, una associazione di giovani scrittori palestinesi. Gente che crede ancora nelle parole, tanto da voler “ restituire alle vittime e ai sopravvissuti di ogni crimine israeliano a Gaza,la dignità di una narrazione” . 

“Noi non siamo numeri”(non-siamo-numeri-le-voci-dei-giovani-di-gaza), è il grido che si leva compatto da un popolo che sta per essere sradicato dalla sua terra , vittima di una forma estrema di “colonialismo da insediamento”come lo definisce Francesca Albanese, in questo saggio pieno di Storia (informatissimo, documentatissimo) e di storie (dolore puro, da condividere con cautela, consentendoci di piangere, anche in pubblico). 

venerdì 4 luglio 2025

Le origini del piano Marshall e lo sviluppo dell’imperialismo statunitense - Alessandra Ciattini

Da: https://futurasocieta.org - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it -

Annie Lacroix-Riz è una storica francese. È docente di Storia contemporanea alla Università Paris VII - Denis-Diderot. - Annie Lacroix Riz 


Il libro di Annie Lacroix Riz ci aiuta a comprendere a fondo le varie tappe dell’imperialismo statunitense, un momento rilevante del quale è stato certamente il mitico piano Marshall, ma occorre prendere in considerazione anche come descrive la sua espansione a tenaglia verso l’Atlantico e verso il Pacifico, che prende di mira da due lati il grande spazio euroasiatico. 

Les origines du Plan Marshall. Le mythe de l’aide americaine (Colin 2023) è il titolo di un libro della storica francese Annie Lacroix-Riz, la cui pubblicazione risale al 2023 e che, credo, come i suoi precedenti non sarà pubblicato in italiano. La signora Lacroix-Riz appartiene al Polo della Rinascita comunista e molte sue opere, fondate sempre su meticolose ricerche di archivio, hanno suscitato infinite polemiche, tanto da farle meritare il titolo offensivo di complottista nel clima contemporaneo di forte limitazione della libertà di espressione. Giustamente, l’emerita studiosa ha osservato che uno strumento della censura è rappresentato dalla non pubblicazione di libri che smentiscono la narrazione ufficiale, e che introducono una nuova lettura della nostra storia, distruttiva dei miti tradizionali. Del resto, ciò è confermato dalla scoperta che addirittura la Cia ha sostenuto importanti intellettuali chiaramente antimarxisti in un’estenuante battaglia ideologica, oltre al fatto che il maccartismo è stato una costante del clima culturale e politico degli Usa, oggi addirittura inasprito.

Dobbiamo ringraziare la rivista «Marxismo oggi» per aver già pubblicato una recensione del libro intitolata, Americanizzare la FranciaIl Piano Marshall riconsiderato (americanizzare-la-francia-il-piano-marshall-riconsiderato), di Jacques Pauwels, ripresa da Counterpounch, nella quale si delinea il quadro in cui si colloca il piano Marshall, non interpretandolo “come un evento specifico e singolare associato al secondo dopoguerra”, secondo la vulgata tradizionale. L’autore lo inserisce piuttosto in una prospettiva di longue durée “come parte di uno sviluppo storico di lungo termine”, mirante all’espansione mondiale dell’industria e della finanza americana”. In poche parole, nella storia dell’emergere e dell’estendersi dell’imperialismo dello zio Sam, che sconfigge quello britannico dominante sino agli anni 1880-1890.

giovedì 3 luglio 2025

"contro le due destre" - Moni Ovadia

Da: Lavinia Marchetti - Moni Ovadia, Salomone Ovadia detto Moni, è un attore, cantante e scrittore italiano di origine bulgara. (moniovadia)

Leggi anche: IL VELO E LA BOMBA - Lavinia Marchetti 


Questa è la mia trascrizione di un discorso di Moni Ovadia, in un convegno al senato del 28 Maggio 2025 per la presentazione del libro "contro le due destre". Non ha detto chissà cosa, ma quello che ha detto non lo dice nessuno che abbia anche solo un minimo di rappresentanza. Che l'opposizione in Italia non esista ce ne eravamo accorti da molto tempo, e allora, per questo, è bello che un 80enne, in senato, ricordi i nostri valori e ristabilisca un principio di realtà. (Lavinia Marchetti)

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"Sono un militante. Lo sono dall’età di 14 anni. Non mi sono mai voluto occupare direttamente di politica, perché mi occupo di cultura, nella forma delle arti scenico-rappresentative. Tuttavia, sono stato un militante molto appassionato. E da un certo punto in avanti, come tanti italiani – tantissimi – mi sono sentito raggirato. 

Per anni ho militato nella sinistra, e poi, da parecchi anni – persino tre decenni – mi sono sentito come un criceto nella ruota. Ogni elezione continuo a girare, ma non succede nulla di nulla. Poi ho capito che nei confronti di noi cittadini veniva perpetrata una truffa. L’elezione era solo una sanzione di parvenza democratica per non cambiare niente. 

Secondo me lo si è capito dal linguaggio che ha cominciato a entrare in circolo. Il linguaggio annuncia le trasformazioni. Quando ho sentito per la prima volta la parola “risorse umane”, ho capito che stavano fottendo i lavoratori. 

Mi è capitato di essere invitato a parlare in contesti sindacali, e siccome io sono gloriosamente un estremista – lo rivendico – l’ho detto anche una volta a quel ciuciolone di David Parenzo. È stata una delle rare volte in cui sono stato invitato in TV. Soprattutto perché vengo considerato un terrorista, un ebreo antisemita. “State attenti, perché lui è un estremista”. Io ho detto a Parenzo, che purtroppo conosco da quando portava ancora i pantaloncini all’inglese: “Grazie per la definizione. Ma chi ha governato questo Paese per 75 anni? I moderati.” 

E guarda dove cazzo siamo finiti. L’Italia è l’unico Paese in cui la parola “moderazione” porta con sé una ferocia dilatoria. Qui siamo molto moderati, per cui la mafia impera, ma guai a fare troppo chiasso.
Anche la parola “divisivo”, d’origine americana: cosa significa? Che non c’è più opposizione, perché se critichi sei divisivo. Ebbene, io sono antifascista. Non posso non essere divisivo. Persino l’ANPI è caduta in questa trappola. 

Ho persino pensato di restituire le mie due tessere dell’ANPI: una con medaglia d’onore, l’altra mia. Stavo già pensando di strapparle, perché io vorrei vedere, il 25 aprile, un corteo che sfili con le bandiere del popolo palestinese. Solo così oggi si fa Resistenza. 

Per me, dunque, è stata una grande boccata d’ossigeno essere coinvolto, pur nei miei limiti. Sono un teatrante, lo ripeto, ma porto il piccolo contributo che posso, perché riesco a raggiungere persone che da anni non militano più, che non votano più, ma che conservano un sentimento. Nella loro amarezza per essere stati raggirati, mantengono ancora un ardore d’indignazione per ciò che stiamo vedendo.
La democrazia – se mai c’è stata – è morta. A mio modesto parere, votare ciclicamente non è democrazia. In fondo, come diceva Gaber, libertà è partecipazione. 

Poi un’altra cosa fondamentale: è stato bandito dal linguaggio – hanno cominciato le destre – il principio più alto che l’umanità abbia mai conquistato, a mio parere, nel suo travagliato e doloroso cammino: il principio dell’uguaglianza. 

Io, come teatrante e un po’ giarratano, mi sono persino permesso di criticare i rivoluzionari francesi, dicendo che commisero un errore: non “liberté, égalité, fraternité”, ma “égalité, liberté, fraternité”. Perché solo fra uomini uguali si può parlare di libertà. Altrimenti, la parola “libertà” diventa l’arbitrio dei ricchi e dei potenti. Infatti, Berlusconi l’amava moltissimo: “Casa della Libertà”, che significava “faccio i cazzi miei, e i poveracci si fottano”. 

Questa iniziativa è un’iniziativa per cui vale la pena rimboccarsi le maniche. Io sono un uomo ormai proprio sul crinale della vecchiaia – l’anno prossimo compirò 80 anni – ma è una battaglia per cui vale la pena combattere. Mettere a menare fendenti – intendo, metaforicamente. Sarà una lotta non facile, perché – come è stato detto – l’informazione è in mano al potere. Anzi, direi che l’informazione non c’è, perché non informano su nulla, tranne che autoreferenzialmente. L’abbiamo visto con la questione della Palestina. 

Per me è stato un dolore terribile. Come ebreo, mi sono sentito pugnalato alla schiena, al cuore, alla gola. I sionisti sono, a mio parere, il più grande fallimento della storia ebraica. Una catastrofe – non solo per i palestinesi, con cui io sto – ma anche per l’ebraismo. 

Il monoteismo ebraico è la prima fonte culturale e spirituale che dichiara l’uguaglianza degli uomini su una base incontrovertibile, perché afferma – parlo del Genesi – che tutti gli uomini discendono da un solo esemplare. I sionisti hanno distrutto il presupposto fondante della Torah ebraica. 

Per questo io considero Netanyahu non una deviazione, ma la vera anima del sionismo. 

Il velato “due popoli due stati” è una truffa sanguinosa. I moderati che dicono che Israele “ha diritto a difendersi” sono complici di questo genocidio, che è stato definito tale dal professor Amos Goldberg, docente di Storia dell’Olocausto presso il Dipartimento di Storia Ebraica dell’Università Ebraica di Gerusalemme. 

E poi, c’è la dolorosa questione dei sopravvissuti alla Shoah, e noi ne siamo stati coinvolti. Io sono un grandissimo amico della senatrice Liliana Segre, che da qualche tempo non frequento più per non crearle problemi. Però mi corre l’obbligo di dire una cosa. 

A Londra, il sopravvissuto Stephen Kapos, deportato ad Auschwitz all’età di sette anni, gira davanti al numero 10 di Downing Street con appeso al collo un cartello: “Stop genocide in Gaza”. E con lui ci sono altri sopravvissuti. Quindi lasciamo fuori la Shoah da questa storia. 

Io, come ebreo, dico che lo sfregio più grande alla Shoah lo hanno fatto i sionisti, facendone uno strumento di aggressione, da sbattere addosso ai galantuomini che difendono i diritti di tutti gli esseri umani su questa terra.  

Grazie." 
Moni Ovadia

mercoledì 2 luglio 2025

«Un genocidio redditizio»: Francesca Albanese denuncia il sistema economico dietro la distruzione israeliana di Gaza

Da: https://pagineesteri.it - Francesca Albanese è una giurista e docente italiana, specializzata in diritto internazionale e diritti umani. Dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. 

Vedi anche: Fame e speculazione a Gaza - Chris Hedges intervista Francesca Albanese 

“In Italia si fa disinformazione su Gaza. Rai e La7 non mi vogliono perché accuso Israele di genocidio” - Francesca Albanese a Enrico Mingori (TPI) 

Nel nuovo rapporto presentato oggi all’Onu, Francesca Albanese – relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati – accusa apertamente: «Il genocidio a Gaza non si fermerà, perché è redditizio». La giurista italiana, attaccata più volte per la sua fermezza nell’attribuire a Israele responsabilità e crimini gravissimi, alza ulteriormente il livello: il massacro in corso non è solo l’effetto della violenza coloniale, ma anche di interessi economici radicati e strutturati.

Il documento, che segue il precedente rapporto del marzo 2024 (“Anatomia di un genocidio”), propone una lettura più ampia e incisiva del conflitto, legando la distruzione sistematica della Striscia di Gaza al ruolo di aziende, banche, fondi di investimento, università e industrie belliche che traggono beneficio diretto o indiretto dalla repressione israeliana.

«Dietro il genocidio – ha dichiarato Albanese – esiste una rete di complicità che alimenta la violenza: chi fornisce armi, tecnologia, cemento, fondi, chi firma contratti, chi investe in start-up legate alla sicurezza, chi offre legittimità accademica o diplomatica. È una catena di profitto globale che attraversa Stati Uniti, Europa e Israele».

Il rapporto parla di “capitalismo coloniale”: un sistema nel quale la distruzione e lo spossessamento del popolo palestinese diventano occasioni per sperimentare tecnologie militari e di sorveglianza, testare armi su popolazioni civili, consolidare l’industria bellica israeliana – la stessa che poi esporta nel mondo intero, pubblicizzando i propri prodotti come “combat-tested”, testati in battaglia.

Albanese denuncia anche l’omertà dei grandi media e il silenzio colpevole dei governi occidentali, che non solo rifiutano di riconoscere il genocidio in atto, ma continuano a fornire appoggio militare, economico e politico allo Stato israeliano. Secondo la relatrice, «i Paesi che finanziano e armano Israele mentre questo commette crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, violano il diritto internazionale e hanno l’obbligo giuridico di fermarsi e intervenire».

Nel rapporto si ricorda che anche la Corte Internazionale di Giustizia, in più occasioni, ha riconosciuto “verosimile” che a Gaza sia in corso un genocidio, disponendo misure cautelari mai rispettate da Israele. Nonostante ciò, sottolinea Albanese, nulla è stato fatto per bloccare le forniture d’armi, né per sospendere gli accordi commerciali con Tel Aviv.

Tra le aziende citate nel rapporto (l’elenco completo sarà pubblicato la prossima settimana), figurano multinazionali del settore bellico, colossi della tecnologia legati alla sorveglianza, società di costruzione che operano nei Territori occupati, e persino istituti accademici coinvolti in programmi congiunti di ricerca militare. Il documento chiede un’indagine internazionale e sanzioni mirate.

Francesca Albanese ha inoltre denunciato le crescenti intimidazioni e minacce che riceve da mesi. «Per la prima volta ho paura», ha dichiarato in un’intervista. «Ma continuerò a parlare. Il mio compito è dire la verità e difendere la dignità umana, anche quando fa comodo ignorarla».

La relatrice speciale conclude il rapporto con un appello: «I genocidi del passato sono stati riconosciuti troppo tardi. Questa volta possiamo e dobbiamo intervenire prima. La giustizia non può aspettare la fine del massacro».

martedì 1 luglio 2025

NON ABBIAMO CAPITO NULLA!

Da: Pubble - https://www.facebook.com/Pubbleart - Paola Ceccantoni, conosciuta sul web come Pubble è un'ex vignettista, opinionista e youtuber italiana (Pubble Satira). 

Vedi anche: LABORATORIO PALESTINA -

Non ci abbiamo capito nulla, nessuno. Persi a cercare di capire se i danni a Fordow ci siano stati oppure no, persi a cercare di capire chi ha vinto, chi ha perso in questa "guerra dei 12 giorni" tra Israele e Iran con intervento Usa, abbiamo completamente perso di vista quello che in realtà stava accadendo. Dal 7 ottobre a oggi molte domande erano rimaste sospese, molti perchè non trovavano risposta. Ad oggi le risposte ci sono e si stanno materializzando sotto i nostri occhi alla luce delle recenti dichiarazioni. E le risposte sono dolorose, purtroppo!

                                                                           

lunedì 30 giugno 2025

Breve storia del nucleare israeliano - Massimo Zucchetti

Da: facebook.com/Massimo Zucchetti - Massimo Zucchetti è professore ordinario dal 2000 presso il Politecnico di Torino, Dipartimento di Energia. Attualmente è docente di Radiation Protection, Tecnologie Nucleari, Storia dell’energia, Centrali nucleari. - Massimo Zucchetti - https://zucchett.wordpress.com

Nella foto: Mordechai Vanunu

Riassunto. 
Israele possiede armi nucleari. Non ci sono dubbi, nonostante non l'abbia mai ammesso (o "quasi" come vedremo). 

1. Poche date e dati
Le stime delle sue scorte variano dalle 90 alle 400 testate nucleari e si ritiene che il Paese disponga di tre opzioni di lancio: i caccia F-15 e F-16, i missili da crociera lanciati da sottomarini classe Dolphin e la serie Jericho di missili balistici a gittata intermedia e intercontinentale.
Si ritiene che la sua prima arma nucleare lanciabile sia stata completata tra la fine del 1966 e l'inizio del 1967.
Per il primo test nucleare, Israele fu partner nei primi test francesi del 1960; poi ci fu un test sotterraneo israeliano, nel 1963.
Infine, un ulteriore test israeliano fu segnalato nell'incidente di Vela del 1979.
Scorte attuali: stimate appunto tra 90 e 400 testate. Tutte termonucleari, cioè Bombe H a fusione innescate da un ordigno al Plutonio.
Gittata massima dei missili: stimata fino a 11.500 km. 

2. Mezze ammissioni
Israele mantiene una politica di deliberata ambiguità, non negando mai o ammettendo ufficialmente di possedere armi nucleari.
Tuttavia, nel novembre 2023, nel mezzo della guerra di Gaza, il giovane Ministro del Patrimonio Amihai Eliyahu considerò pubblicamente l'idea di sganciare una bomba nucleare su Gaza, una tacita ammissione del possesso di tale capacità; il Primo Ministro Benjamin Netanyahu rimproverò e sospese Eliyahu in risposta.
Inoltre, i commenti dell'allora primo ministro Yair Lapid nel 2022, in cui si faceva riferimento ad "altre capacità" di "mantenerci in vita finché noi e i nostri figli saremo qui", sono stati interpretati come un riferimento alla necessità di mantenere per sempre le armi nucleari. 

3. Rogue state (stato-canaglia)
Israele non ha firmato il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP), nonostante le pressioni internazionali in tal senso. Sostiene che i controlli nucleari non possono essere implementati isolatamente rispetto ad altre questioni di sicurezza.
Tutti gli Stati del mondo, tranne loro ed altri tre, aderiscono fattivamente al TNP, compreso l'Iran.
Addirittura, Israele ha sviluppato la "Dottrina Begin" di controproliferazione e attacchi preventivi, che mira a impedire ad altri attori regionali di acquisire le proprie armi nucleari. L'Aeronautica Militare israeliana ha condotto l'Operazione Opera e l'Operazione Orchard, che hanno distrutto i reattori nucleari iracheni e siriani rispettivamente nel 1981 e nel 2007. Si ritiene che il malware Stuxnet, che ha gravemente danneggiato gli impianti nucleari iraniani nel 2010, sia stato sviluppato congiuntamente da Stati Uniti e Israele.
L'attacco all'Iran del 2025 è quindi soltanto l'ultimo episodio di una scoperta politica di aggressione e di ritenersi giudici supremi e indiscussi. 

4. Se periremo noi, periranno tutti.
Ad oggi, Israele rimane l'unico paese del Medio Oriente a possedere armi nucleari.
Ed in più, cosa spaventosa, minacciano di distruzione l'intero pianeta. L'opzione Sansone si riferisce alla capacità di Israele di usare armi nucleari "contro gli aggressori e contro tutti" come extrema ratio di fronte a minacce militari esistenziali per la nazione. Se periremo noi, perirà tutto il mondo, appunto. 

5. Poca storia e un martire
Israele iniziò a studiare la scienza nucleare subito dopo aver dichiarato l'indipendenza nel 1948 e, con la cooperazione francese, iniziò segretamente a costruire il Centro di Ricerca Nucleare del Negev, una struttura vicino a Dimona che ospitava un reattore nucleare e un impianto di riprocessamento alla fine degli anni '50.
I primi dati dettagliati del programma di armi giunsero il 5 ottobre 1986, con la copertura mediatica delle rivelazioni di Mordechai Vanunu, un tecnico precedentemente impiegato presso il centro. Vanunu fu presto rapito dal Mossad e riportato in Israele, dove fu condannato a 18 anni di prigione per tradimento e spionaggio. Passò in galera molti più anni, in isolamento totale. In ripetute occasioni, rilasciato, lo hanno rimesso dentro. Ora ha 70 anni, ma non smetteranno mai di perseguitarlo finché campa. Nessuno dei suoi colleghi israeliani ha mai detto mezza parola per aiutarlo. 

domenica 29 giugno 2025

Gli Usa nel caos provocato da Trump - Alessandra Ciattini

Da: https://futurasocieta.org - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it

Negli ultimi giorni gli Usa sono stati teatro di ampie manifestazioni popolari contro le politiche di Trump – tariffe, austerità, supporto al genocidio, guerre, deportazione dei migranti, favori ai ricchi – ovviamente, violentemente represse. Tuttavia, da queste potrebbe nascere una vera e propria opposizione al partito unico di Wall Street.

Sabato passato, 14 giugno, si sono svolte numerose e partecipate proteste in varie città degli Usa contro la politica reazionaria e guerrafondaia di Trump che si è presentato come l’incaricato dal popolo di un programma antipopolare di tariffe, deportazioni, austerità, esenzioni fiscali per i ricchi, già decise durante il suo primo mandato e ribadite nel secondo. Quando dico guerrafondaio non mi riferisco solo alle guerre in atto, che si vorrebbero solo congelare, ma anche alla guerra di classe contro i lavoratori statunitensi che, però, hanno cominciato a manifestare in massa contro di lui e i suoi consiglieri miliardari.

Slogan delle proteste erano “No kings”, con riferimento al desiderio di Trump di stabilire una sorta di dittatura civile sul Paese, e “We are the power”, che implica la chiara rivendicazione dell’origine democratica del potere, in realtà assai discutibile nel sistema di potere statunitense.

Negli ultimi mesi, Trump e i suoi fedeli (in realtà non troppo), i suoi amici miliardari, i suoi alleati statali e locali hanno portato avanti violenti attacchi, spesso illegali, contro i sindacati, gli immigrati, i dipendenti federali con la falsa affermazione della lotta alla corruzione, contro chi protestava contro il genocidio dei palestinesi e contro il movimento studentesco, che insieme ai docenti intende difendere il sistema educativo dai tagli sistematici. La logica di questi interventi sta nella esplicita volontà di colpire l’opposizione alla politica reazionaria trumpiana, rafforzare il già forte potere esecutivo, dare dei contentini alla base populista, (i bianchi declassati), che ha votato questa amministrazione credendo al sogno illusorio dell’America sempre grande.

Contemporaneamente e contraddittoriamente, Trump ha cercato di mantenere legata a sé la parte più conservatrice dell’élite dirigente, ribadendo i tagli fiscali e avviando ulteriori misure di deregolamentazione che rendono più agevole lo sfruttamento del lavoro, riducendone il costo con la complicità dei sindacati.