A parte il fatto che Agave era ubriaca fradicia, non furono trovate altre cause. Qualcuno se ne uscì con la pazzia o con la “pura e semplice” cattiveria.
‘Ma signori miei’ disse il pubblico ministero davanti ai giurati ‘che cos’è la pura e semplice cattiveria? Nient’altro che una comoda e indecorosa scappatoia pseudo-filosofica.’
Si stava infatti diffondendo l’opinione che non si potesse essere puniti solo perché si era cattivi.
‘Nessuno ha colpa di essere fatto in un certo modo’ così si esprimevano in molti.
Ciononostante, i buoni e gli onesti continuavano ad essere elogiati e premiati, e questo costituiva una contraddizione dalla quale era sempre più difficile liberarsi.
In ogni caso, gli uomini di legge, senza differenze fra accusatori e difensori, non ci stavano.
‘Sarebbe bello ’ dicevano con ironia ‘che un assassino se la cavasse solo perché “è fatto così”. Che fine farebbe la responsabilità personale?’
E riguardo la pazzia, fu chiaro da subito che Agave non era pazza. Era perfettamente orientata nel tempo e nello spazio e ricordava nel dettaglio ciò che aveva fatto. Non fu necessaria alcuna pressione per indurla a confessare.
‘Ho ucciso mio figlio stanotte alle quattro e mezza ’ disse al funzionario di polizia che la interrogò la mattina dopo ‘Avevo bevuto moltissimo, è vero, ma questo lo faccio da anni tutte le sere. Non credo che il vino abbia qualcosa a che vedere con quello che è successo.’
‘E allora perché è successo?’ voleva chiederle il funzionario. Ma lasciò perdere e le fece quest’altra domanda:
‘Signora Agave, posso fare qualcosa per lei?’
‘Sissignore’ ripose Agave ‘trovi il motivo per cui ho ucciso Quinto. Io non lo so. Ma se lei arriva a capirlo, gliene sarò grata per sempre.’
Queste furono le uniche parole agli atti. Si lasciò condurre alle carceri, si sottopose alle ispezioni di rito e quando la misero in isolamento rimase per circa un’ora seduta sulla branda e poi si addormentò.