venerdì 9 ottobre 2020

La battaglia delle idee: come è stata costruita l’egemonia statunitense - Alessandra Ciattini

 Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

L’egemonia culturale statunitense non è casuale, ma è stata promossa dal secondo dopoguerra da istituzioni ben finanziate e organizzate come la CIA.

È noto che l’espressione battaglia delle idee viene già utilizzata da Marx negli anni ’40 dell’’800 e successivamente da Gramsci allo scopo di sottolineare che la lotta per la costruzione di un nuovo modello di società tocca in maniera profonda anche la coscienza degli individui e il loro modo di concepire la vita collettiva.

Negli anni ’80, all’epoca dello scontro con gli Stati Uniti per la restituzione al padre del piccolo Elián González, Fidel Castro rilancia questo termine e dà impulso ad una serie di importanti misure, il cui scopo è quello di elevare il livello intellettuale dei cubani; tra queste cito lo sviluppo di un programma educativo volto ad estendere la preparazione universitaria, la creazione di un canale televisivo educativo (Universitad para todos), che si è mostrato molto utile in questa fase di confinamento per l’insegnamento a tutti i livelli, l’universalizzazione dell’università; quest’ultima, il cui scopo era quello di consentire l’accesso all’università di tutti i lavoratori sociali con l’aiuto dell’impegno volontario dei docenti, purtroppo non ha dato buoni risultati.

Successivamente, dopo il dissolvimento del blocco dell’est, e quindi con l’impossibilità di contrapporre il capitalismo ad un altro modello di società, il governo cubano decise di incrementare questa politica, passando da un atteggiamento difensivo ad uno aggressivo, colpevolizzando con insistenza l’attuale sistema economico-sociale dei gravi problemi con cui si deve confrontare l’umanità. In questo contesto nel 2003 si costituì ad opera di intellettuali cubani e messicani la Rete degli intellettuali in difesa dell’umanità, che ha avuto un illustre antecedente nell’Alleanza internazionale degli scrittori, il cui primo Congresso si tenne a Parigi nel 1935. La Rete è animata dalla volontà di opporsi alla barbarie, all’ingiustizia, a difendere la pace, la dignità umana e a preservare ciò che caratterizza l’essere umano in quanto tale.

A mio parere e non solo, l’ideologia non è semplicemente falsa coscienza, per la ragione, esposta nell’Ideologia tedesca, che se le idee che gli uomini si fanno derivano dalle condizioni storiche in cui vivono, anche gli errori debbano derivare inevitabilmente da esse. Con ciò voglio dire che hanno una base reale che dà impulso all’elaborazione di idee inefficaci per comprendere l’effettiva dinamica dei fenomeni sociali e generalmente in contraddizione con gli interessi di coloro che le fanno proprie. D’altra parte, se non fosse così come mai disvelare l’errore non è mai sufficiente a che un individuo abbandoni la sua falsa credenza ed anzi persista spesso ciecamente in essa e talvolta non solo in modo passivo, attivando movimenti politici ad essa ispirati?

Faccio rapidamente un esempio, per poi soffermarmi dettagliatamente più avanti parlando dell’egemonia statunitense stabilitasi sul mondo immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. Il cosiddetto postmodernismo, con il suo accento sull’individualismo esasperato, con il suo rifiuto degli schemi interpretativi generali, con il suo particolarismo ha sicuramente a che fare con l’individualismo neoliberale, la precarizzazione lavorativa, l’attacco ai contratti nazionali in nome dell’accordo sempre più personalizzato tra le parti. Naturalmente questa relazione non è né diretta né meccanica, e deve essere ricostruita in tutti i suoi passaggi per disvelarne la mistificazione, la quale viene sottilmente rielaborata, presentata come accettabile, trasformata in pensiero quotidiano da intellettuali che, consapevolmente o no, si mettono al servizio delle classi dominanti.

giovedì 8 ottobre 2020

«Stato e rivoluzione» di V. I. Lenin - Angelo D'Orsi

Da: Angelo d'Orsi - Angelo D'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino.



                                                                           

martedì 6 ottobre 2020

Verso il centenario del PCI - Incontro con Luciano Canfora

Da: Scuola di formazione politica Gramsci-Togliatti 

Leggi anche: Fascismo. Misurare la parola. - Palmiro Togliatti

Legge elettorale, Costituzione, Democrazia*- Un discorso di Palmiro Togliatti

Il revisionismo storico*- Luciano Canfora

Sul compromesso storico - Aldo Natoli 

Vedi anche: Comunisti, fascisti e questione nazionale 


Partendo dalla visione del documentario di Carlo Lizzani in cui è immortalata la grande festa popolare del 26 settembre 1948 per il ritorno di Togliatti all’attività politica dopo l'attentato del 14 luglio 1948, discutiamo con Luciano Canfora di “via italiana al socialismo”, “partito nuovo” e “democrazia progressiva”

domenica 4 ottobre 2020

Su Gramsci e la fondazione del Pci - PIERO GOBETTI

 Da: https://radicalsocialismo.it - (Storia dei comunisti torinesi scritta da un liberale, La Rivoluzione Liberale, A. 1, n. 7, 2-4-1922) - Piero Gobetti (Torino, 19 giugno 1901 – Neuilly-sur-Seine, 15 febbraio 1926) è stato un giornalista, filosofo, editore, traduttore ed antifascista italiano. 

Il movimento comunista torinese si presenta con un’organicità di pensiero e una serietà di intenzioni che suscitano meraviglia e interesse anche in un avversario. Vi è una rigidezza che, per l’intransigenza, è diventata quasi un mito nel pensiero di chi l’ha considerata da lontano. In realtà dall’esperienza politica torinese è nato il Partito Comunista e se ne possono rintracciare i documenti di tre anni almeno antecedenti alla costituzione ufficiale. Ragioni storiche complesse hanno fissato al movimento operaio torinese caratteristiche originalissime con conseguenze di importanza storica eccezionale.

La teoria di questa nuova realtà economica e ideale fu tentata da un gruppo di giovani oscuri che l’Italia ufficiale non ha conosciuto e non conosce. Essi elaborarono dall’esperienza politica a cui assistevano l’idea di un organismo che sistemasse tutti gli sforzi produttivi legittimi, che aderisse plasticamente alla realtà delle forze storiche ordinandole liberamente in una gerarchia di funzioni, di valori, di necessità. Il consiglio di fabbrica, nel quale le esigenze del risparmio, dell’intrapresa, dell’opera esecutrice, si organizzano secondo le attività che ciascuna riesce a risvegliare, fu la loro idea nuova ed operosa, intorno a cui cercarono di raccogliere il movimento operaio e di dargli una personalità.

La mancanza di idealità corrispondeva alla mancanza di un nucleo di dirigenti colti e operosi. In mezzo a quest’inerzia di pensiero fu notato un giovane solitario, Antonio Gramsci, il quale già mentre compiva i suoi studi letterari all’Università si era iscritto al Partito Socialista, forse più per ragioni umanitarie, maturate nella sua pessimistica solitudine di sardo emigrato, che per una netta concezione rivoluzionaria. Gramsci non tardò tuttavia a formarsi una cultura politica e, nonostante la sua riluttanza e timidezza, Serrati, con notevole perspicacia, lo volle collaboratore e corrispondente politico dell’Avanti! da Torino. La sua nuova attività di teorico della rivoluzione comincia con la sua opera nel Grido del Popolo. Il modesto giornaletto di propaganda di partito diventò per lui una rivista di cultura e di pensiero. Vi pubblicò le prime traduzioni degli scritti rivoluzionari russi. Si propose l’esegesi politica dell’azione dei bolscevichi. A capo di quest’opera, benché direttore apparente fosse altri, si sente il cervello di Gramsci. La figura di Lenin gli appariva come una volontà eroica di liberazione: i motivi ideali che formavano il mito bolscevico, nascostamente fervidi nella psicologia popolare, dovevano costituire non il modello di una rivoluzione italiana, ma l’incitamento a una libera iniziativa operante dal basso. Le esigenze antiburocratiche della rivoluzione italiana erano già state avvertite da Gramsci sin dal 1917 quando il suo pensiero autonomista si concretò in un numero unico La Città futura, pubblicato come modello e annuncio di un futuro giornale di cultura politica operaia. La Città futura diventò, nel 1919, L’Ordine Nuovoil solo documento di giornalismo rivoluzionario e marxista che sia apparso (con qualche serietà ideale) in Italia.

sabato 3 ottobre 2020

Diritto e lavoro - Alisa Del Re, Geminello Preterossi

Da: AccademiaIISF - Alisa Del-Re insegna Scienza Politica presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. È direttora del CIRSPG (Centro interdipartimentale di ricerca: Studi sulle politiche di genere) e membro del direttivo dell’UPE (Università per l’Europa). - Geminello Preterossi, ordinario di Filosofia del diritto e Storia delle dottrine politiche all’Università di Salerno. 
                                                                               

giovedì 1 ottobre 2020

Le passioni tra Heidegger e Aristotele - Enrico Berti

Da: Bollettino della Società Filosofica Italiana, Rivista Quadrimestrale, Nuova Serie n. 206, maggio/agosto 2012. - Sintesi della conferenza tenuta alla sezione SFdi Francavilla il 16 marzo 2012, lettcomdiscorso accademico nell’Aula Magndell’Università di Atene il 17 maggio 2012 ioccasiondel conferimento all’autore del titolo dDoctohonoris causa iFilosofia. - Enrico Berti è un filosofo italiano, Professore emerito di Storia della filosofia presso l'Università degli Studi di Padova.

Vedi anche: Le passioni tra Heidegger e Aristotele - ENRICO BERTI                                                        

                 Martin Heidegger: Sull'origine dell'opera d'arte - B. Moroncini, P. Vinci 


Un tema dei miei studi è sempre stato la sopravvivenza dell’antica filosofia greca, in particolare quella di Aristotele, nella filosofia contemporanea, come è dimostrato dal mio libro su Aristotele nel Novecento1. A questproposito ho incontrato recentemente un nuovo documento di tale sopravvivenza, che a quanto mi risulta non ha ancora ricevuto la dovutattenzione, cioè l’uso che Heidegger ha fatto, nel suo corso del 1924 suGrundbegriffe der aristotelischen Philosophie, dell’analisi delle passioncompiuta da Aristotele nel II libro della RetoricaGda Sein und Zeit risultava che questo testo aveva suscitato l’interesse di Heidegger, perché questi nel § 29 di quello che rimane, a mio avviso, il suo capolavoro, aveva affermato che le diverse modalità dell’“esserci” (Dasein), inteso comsituazione emotiva” (Befindlichkeit), erano state analizzate dalla filosofia antica sotto il nome di “emozioni” e di “sentimenti”. In particolare – precisava Heidegger – la prima trattazione sistematica delle emozioni che la tradizione ci tramanda è l’analisi dei pathe compiuta da Aristotele nel II libro della Retorica2. La retorica infatti, secondo Heidegger, è la primermeneutica sistematica dell’“essere insieme” (Miteinendersein) quotidiano, perché l’oratore ha bisogno di conoscere le variazioni della tonalità emotiva per suscitarle e dirigerle nel modo giusto. Ebbene – dichiara il filosofo tedesco – «l’interpretazione ontologico-fondamentale dei prinpdelle emozioni non ha compiuto alcun passo avanti degno di nota da Aristotele in poi». Il paragrafo si conclude infine con l’affermazione che, ivista della successiva interpretazione della situazione emotiva come “angoscia”, di importanza fondamentale per il suo significato ontologicoesistenziale, il fenomeno della situazione emotiva deve essere esaminatmediante l’analisi di un suo modo determinato, la paura (die Furcht, icorsivo nel testo) alla quale Heidegger dedica l'intero §30. 

Nel 2002, cioè solo dieci anni fa, il corso tenuto da Heidegger nel Sommersemester 1924 sui Grundbegriffe der aristotelischen Philosophie è statpubblicato sulla base degli appunti presi dagli studenti3. Non bisogndimenticare che i corsi tenuti da Heidegger a Marburg dal 1923 al 1928 avevano immediatamente diffuso la fama di un giovane professore chleggeva Aristotele in modo del tutto nuovo, facendolo sembrare un nostro contemporaneo. Questi corsi avevano attirato da tutta la Germania numerosi ascoltatori, tra i quali c’erano alcuni di coloro che sarebbero divenuti più importanti filosofi tedeschi del Novecento: Hans-Georg Gadamer, Karl Löwith, Hans Jonas, Günther Anders, Leo Strauss e, dall’autunno del 1924, Hannah Arendt, allora soltanto diciottenne. Cinqudi tali corsi, su un totale di dieci (due per ogni anno), erano infatti dedicati alla lettura di Aristotele. Quello che ci interessa, benché sia stato immediatamente tradotto in inglese4, è stato oggetto finora – a quanto mi risulta – di un solo studio, una raccolta di scritti su Heideggeand Rhetoric pubblicata a New York nel 2005, che tuttavia tratta il temdella retorica in modo generale, senza soffermarsi sull’analisi delle passioni5

L’intera prima parte del corso è dedicata alla spiegazione del Dasein come “essere-nel-mondo”, che sarà proprio il tema di Sein und Zeit, pubblicattre anni più tardi. Per interpretare tale “essere-nel-mondo” Heidegger si richiama alla determinazione aristotelica dell’esserci dell’uomcome zoe praktike, vita pratica, il che conferma quanto segnalato quasi trent’anni fa dal mio allievo Franco Volpi, purtroppo prematuramentscomparso, cioè che il concetto heideggeriano di Dasein non è che una ripresa del concetto aristotelico di praxis come “avere da essere”6. Ma la novità è che l’esserci dell’uomo come essere-nel-mondo è interpretato dHeidegger, sulla base del famoso secondo capitolo della Politica di Aristotele, come “essere parlante”, cioè dotato di logos, dove il termine logos noè tradotto, come spesso si usa, con “ragione”, bensì è tradotto codiscorso”, comunicazione”. A questo proposito Heidegger segue fedelmentil testo di Aristotele, Pol. I 2, dove si dice che l’uomo è per natura animale politico, perché tra tutti gli animali è l’unico dotato di logos, cioè della capacità di discutere con gli altri che cosa è giusto o ingiusto, utile o dannoso7