giovedì 30 ottobre 2025

La superiorità di Marx su Einstein in campo ontologico. - Daniele Burgio, Massimo Leoni, Vanna Melia e Roberto Sidoli.

Da: La Cina Rossa - 


Discutendo verbalmente con il compagno Francesco riguardo all'Introduzione a Marx e il materialismo dialettico, scritta assieme a Giulio Chinappi, Alberto Lombardo, Martino Marconi e Pietro Terzan, il nostro contradditore ci faceva notare con forza la – reale e indiscutibile – grandiosità del contributo fornito da Albert Einstein in decisivi settori delle scienze naturali, a differenza di Marx. 

L'errore di Francesco consiste nel non considerare che nell'Introduzione in oggetto mettevamo in risalto la supremazia di Marx rispetto ad Einstein nel campo strategico dell'ontologia e della concezione del mondo, ontologia e concezione del mondo collegate strettamente, ma allo stesso tempo distinte e separate, dalle singole scienze naturali, facendo un paragone tra i risultati prodotti rispettivamente da Marx e Einstein in tale importante segmento del processo generale di analisi umana. 

Nell'Introduzione a Marx e il materialismo dialettico abbiamo infatti rilevato a pagina 15 che "ma il materialismo dialettico davvero effettua previsioni realmente verificabili dalla pratica?"
Certo. 

A tale scopo mettiamo subito a confronto Marx ed Einstein, riguardo alle loro rispettive analisi e predizioni sulla natura e sul futuro dell’universo. 

Si è già notato che Marx, nel gennaio del 1873, scrisse che la sua dialettica materialistica concepiva «ogni forma divenuta», quindi anche tutto il cosmo e l’intero universo, «nel fluire del movimento, quindi anche nel suo lato transeunte»: quindi in via di trasformazione, quindi un cosmo in continuo movimento e cambiamento. 

Einstein invece, dal 1916 e per lunghi anni, sostenne la visione di un universo statico, non in espansione. Al fine di dimostrare questa visione, Einstein introdusse, nel febbraio del 1917, la “costante cosmologica” all’interno della sua “equazione di campo”; tale costante era intesa rappresentare una forza contraria alla gravità, che spiegasse quindi come mai la materia non tendesse a ricompattarsi in un tutt’uno in base alle leggi di Newton

Con grande onestà, proprio lo stesso Einstein definì la sua cosmovisione filosofico-scientifica come “il più grande errore della sua vita”, rinnegando la “costante cosmologica”: le verifiche successive, infatti, corroborano, per dirla alla Popper, la visione di un universo in continuo cambiamento e più precisamente in un moto di espansione accelerata, di un accelerato “fluire del movimento”, per usare la terminologia del Marx del 1873. 

Paradossalmente, gli scienziati hanno successivamente rivalutato la “costante cosmologica” di Einstein, oggi utilizzata per spiegare l’accelerazione dell’espansione dell’universo, il che significa che il grande fisico aveva realizzato un calcolo corretto dal punto di vista prettamente scientifico-matematico, dandone tuttavia un’interpretazione errata, almeno fino alla sua revisione della teoria nel 1930. 

Anche la legge generale della dialettica sull’interconnessione universale tra tutti gli enti e i processi naturali ha avuto numerose verifiche empiriche (entanglement quantistico, forza della gravità operante anche negli ammassi galattici, ecc.), come del resto è successo per le leggi universali dell’unità-lotta tra poli opposti e dei salti di qualità una volta raggiunta una determinata fase di accumulazione quantitativa.
Tanti fatti corroboranti, certo, i quali simultaneamente confutano e falsificano (ma non fatelo sapere ai seguaci di Popper, per carità) le teorie di cosmovisione antagoniste rispetto a quelle del materialismo dialettico. 

In ogni caso il geniale, anche se non infallibile, Albert Einstein aiutò involontariamente la cosmovisione marxista devastando le teorie gnoseologiche del fisico e filosofo Ernst Mach, agli inizi del Novecento un punto di riferimento teorico per lo stesso Einstein. 

Mach non solo sosteneva la tesi secondo cui non poteva sussistere alcun oggetto senza soggetto, ma proprio partendo da essa, nel gennaio del 1897, affermò pubblicamente che “non credo che esistano gli atomi: e, del resto, non essendo gli atomi delle particelle tangibili e (ancora) osservabili dalla soggettività umana, risultava dunque logico che Mach, convinto che gli oggetti della scienza non fossero entità reali se indipendenti dall’esperienza, non prestasse fede all’esistenza degli atomi. 

Fu proprio Einstein, un estimatore in campo scientifico e filosofico di Mach, a dimostrare che quest’ultimo aveva completamente sbagliato. 

Esaminando infatti il fenomeno del moto browniano, scoperto da Robert Brown nel 1827 osservando al microscopio dei granelli di polline immersi in un fluido che si muovevano in modo irregolare in tutte le direzioni, Einstein dimostrò che tale moto disordinato e disomogeneo dei granelli indicava come l’acqua fosse composta da un numero infinito di particelle con movimento casuale, e cioè gli atomi. 

Quindi addio, signor Mach.
Quindi addio alla teoria dell’inesistenza degli atomi.
E addio anche alla tesi secondo cui non esisteva alcun oggetto senza soggetto umano, visto che i concretissimi e realissimi atomi furono per la prima volta osservati al microscopio da uno scienziato solo nel 1955”. 

Da menti creative come Marx e Einstein si può solo imparare, senza sosta e in un processo continuo di approfondimento creativo delle loro tesi scientifiche. 

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