Il deputato Massie: gli Stati Uniti fuori dalla Nato
Pochi giorni dopo la pubblicazione della National Security Strategy da parte dell’amministrazione Trump, il deputato repubblicano del Kentucky Thomas Massie ha presentato un disegno di legge che pone le basi giuridiche per l’uscita degli Stati Uniti dalla Nato.

Massie identifica la Nato come «un relitto della Guerra Fredda» destinato ad assorbire denaro che gli Stati Uniti dovrebbero impiegare «per difendere se stessi, non i Paesi socialisti».
Massie porta a sostegno della sua proposta l’impegno assunto nel 1990 dall’allora segretario di Stato James Baker di fronte al segretario del Pcus Mikheil Gorbačëv a non espandere la Nato verso est. Massie ripercorre inoltre le varie tornate che hanno scandito l’allargamento dell’Alleanza Atlantica, ponendo l’accento sulle legittime preoccupazioni strategiche della Russia.
Non solo Massie: i rilievi di Thomas Graham
Mentre Massie presentava il disegno di legge, il politologo Thomas Graham scriveva in uno stupefacente articolo per «Foreign Affairs» che «il momento è maturo per una risoluzione del conflitto nei prossimi mesi. La vera questione è se l’amministrazione Trump riuscirà a raccogliere le competenze, la pazienza e la resistenza per portare a termine un processo diplomatico con successo».
Il miglior accordo che ciascuna parte può ottenere «è disponibile ora, non tra sei mesi o più. L’Ucraina non guadagnerà nulla aspettando di negoziare da una ipotetica posizione di forza futura. Una posizione del genere non arriverà presto, se mai arriverà. I leader ucraini hanno già riconosciuto di non poter liberare con la forza tutto il territorio conquistato dalla Russia».
Ciò che «l’Ucraina non può ottenere sul campo di battaglia non le sarà consegnato al tavolo dei negoziati. Né un’Ucraina più forte indurrà i Paesi occidentali a fornirle garanzie di sicurezza più formidabili. I governi occidentali hanno già chiarito che non rischieranno una guerra con la Russia per difendere l’Ucraina. E più a lungo l’Ucraina aspetta, più distruzione dovrà sopportare».
Invece di «cercare una posizione di forza, l’Ucraina ha urgentemente bisogno di risolvere il conflitto, che ha devastato il Paese economicamente e demograficamente. Il costo della ricostruzione nel prossimo decennio è stato stimato in oltre 2,6 volte il suo Pil prebellico, pari a 200 miliardi di dollari».
Kiev «troverà sempre più difficile difendere le linee del fronte e deve ancora dimostrare di poter fermare l’avanzata della Russia […]. Ogni giorno che la guerra continua, il futuro dell’Ucraina appare sempre più cupo».
Le osservazioni di Graham si fondano anche sul rapido deterioramento della situazione sul campo di battaglia, che vede le forze armate russe conseguire successi di rilievo soprattutto negli oblast’ di Kharkiv, Donec’k e Zaporižžja. L’amministrazione Trump ne è consapevole, e intensifica coerentemente le pressioni sul presidente Zelensky affinché digerisca il cosiddetto “piano di pace” statunitense.
Nel corso di un’intervista rilasciata a «Politico», Trump ha dichiarato che «penso che dovrebbero tenersi elezioni in Ucraina. Stanno usando la guerra per non farle, ma penso che il popolo ucraino dovrebbe avere questa possibilità di scelta […]. Sapete, parlano di democrazia, ma a un certo punto questa non è più democrazia».
Il giorno dopo, lo stesso magnate newyorkese ha affermato che: «Zelensky deve essere realista. E mi chiedo quanto tempo ci vorrà prima che si tengano elezioni in Ucraina, non hanno elezioni da tanto tempo. L’82% degli ucraini chiede che si giunga a un accordo».
E ancora: «Zelensky è proprio come Phineas Taylor Barnum. Ha costretto il truffatore Joe Biden a dargli 350 miliardi di dollari. Guardate il risultato: il 25% del territorio del suo Paese è stato perso».
Lo stesso inquilino della Casa Bianca, scrive il «Financial Times», avrebbe concesso a Zelensky «alcuni giorni» per rispondere alla proposta di pace, così da porter «firmare entro Natale un accordo sull’Ucraina» che, stando a quanto riportato da «Axios» sulla base di confidenze rese da una fonte ucraina, conterrebbe condizioni maggiormente penalizzanti per Kiev rispetto alla bozza originale.
Il funzionario ucraino ha inoltre affermato che gli europei stanno consigliando a Kiev di temporeggiare, nel tentativo di sottrarre Zelensky alle pressioni degli Stati Uniti che identificano a loro volta le controparti nel “vecchio continente” come un ostacolo al raggiungimento di un’intesa.
Specialmente se dovessero procedere alla confisca dei beni russi sottoposti a congelamento, conformemente alle istanze della presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, dell’alto rappresentante Kaja Kallas, del cancelliere Friedrich Merz e del presidente Emmanuel Macron.
Per Mykola Azarov, primo ministro ucraino sotto la presidenza Janukovyč, gli Stati Uniti potrebbero destituire Zelensky qualora continuasse a ostacolare i negoziati con la Russia. «In questo momento, a quanto mi sembra, hanno bisogno di lui come un negoziatore al quale possono imporre alcune richieste e condizioni. Ma se le cose non dovessero andare nella maniera giusta, lo elimineranno e l’intera discussione si concluderà», ha dichiarato Azarov.
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