giovedì 10 maggio 2018

Karl Marx: Il capitalismo e la crisi - Vladimiro Giacchè

Da: https://independent.academia.edu/VladimiroGiacch%C3%A9 - vladimiro-giacche è un filosofo ed economista italiano.


Premessa

Immaginiamo di incontrare un tipo che fa discorsi strani. Che dice che la crisi non è un’eccezione, ma la norma. Che questa crisi non è stata causata né da qualche speculatore troppo avido, né da qualche proprietario di casa troppo credulone. E neppure dalla nuova casta dei banchieri, dai governatori delle banche centrali e dagli analisti delle società di rating. E non perché tutti costoro siano innocenti,ma per un motivo più profondo. Perché la crisi non è un infortunio del nostro sistema economico, ma il prodotto delle sue leggi di funzionamento più elementari. Del modo in cui nella nostra società sono ripartite la proprietà e la ricchezza, si scambiano le merci e si adopera il denaro. 

Immaginiamo che questo tizio, sfruttando il nostro sconcerto,si faccia sempre più insolente. E affermi che la crisi non solo non è un problema per il sistema, ma è il solo modo attraverso cui il sistema può risolvere i propri problemi, e riprendere a funzionare senza intoppi. Anche se comunque il suo funzionamento regolare è soltanto una tregua, più o meno breve, prima della prossima crisi. 

Immaginiamo di superare il fastidio e l’imbarazzo, e di chiedergli chi gli dia il diritto di raccontarci tutte queste sciocchezze. E che lui ci risponda che tutto questo l’ha inteso, dimostrato e scritto in prima persona. Osservando le crisi di 150 anni fa e scrivendone su un quotidiano degli Stati Uniti, dopo essere stato espulso per attività sovversive da Germania, Belgio e Francia. E poi chiuso a studiare nella British Library di Londra, o a scrivere nella sua casa traboccante di libri e assediata dai creditori. 

Chiunque non dia per scontato che questo tipo sia un folle potrà trovare qualcosa di interessante in questo libro.


Karl Marx e le crisi del XXI secolo

A quanto pare non è proprio possibile liberarsi di Marx. E dire che sembrava fatta. Appena venti anni fa, con il crollo dei regimi dell’est europeo e la vittoria del capitalismo in salsa thatcheriano-rea-ganiana, anche su Marx e le sue teorie sembrava calato definitivamente il sipario. L’ennesima «crisi del marxismo» era in scena già dai primi anni Ottanta, ma ora, con la fine ingloriosa dell’Unione Sovietica, sembrava che non sarebbe andata come tutte le altre volte. La pagina del marxismo sembrava definitivamente voltata, egli scritti di Marx destinati agli storici e a un pugno di nostalgici fuori dal tempo. I volumi dell’edizione delle opere di Marx ed Engels che nella ex Berlino Est dei primi anni Novanta affollavano le bancarelle dei libri usati tra il disinteresse dei passanti sembravano la riprova più chiara di questo destino.Purtroppo, però, per risolvere ed eliminare le contraddizioni del reale non basta sostenere che esse non esistono. E questo vale per gli individui come per le società. La società capitalistica dei nostri tempi non fa eccezione.

E così, nel 2007, è arrivata la crisi: la peggiore dal 1929 in avanti. Il capitalismo tronfio e trionfante degli ultimi decenni, con il suo sano egoismo generatore e dispensatore di ricchezza per tutti, con le sue capacità auto regolative superiori a ogni goffa imposizione di regole dall’esterno, ha così ceduto il passo a un insieme di meccanismi inceppati, che hanno bisogno di fiumi di denaro degli Stati per tornare malamente a funzionare. Risultato: l’immagine che oggi il capitalismo dà di sé è quella di un sistema in cui ingiustizie intollerabili vanno di pari passo con una drammatica inefficienza nell’allocazione delle risorse.Si capisce, quindi, il disorientamento nelle folte schiere dei suoi seguaci, sia nel mondo dell’economia che in quello della politica e dell’informazione. Ma quanto sta accadendo non è un fatto che riguardi soltanto le cerchie ristrette degli addetti ai lavori.

Molte delle certezze su cui erano state edificate la visione del mondo e la filosofia della storia diffuse a livello di massa negli ultimi decenni sembrano oggi – se non proprio in frantumi – quantomeno incrinate. Per capire i motivi del rinnovato interesse nei confronti di Marx bi-sogna partire da qui: da queste certezze che non sono più tali. [...]

Leggi tutto: https://www.academia.edu/36567619/Karl_Marx_Il_capitalismo_e_la_crisi._Scritti_scelti_a_cura_di_Vladimiro_Giacch%C3%A9_Roma_DeriveApprodi_2009.pdf

mercoledì 9 maggio 2018

Riflessioni 12... - Stefano Garroni

Da: Da: mirko.bertasi Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano. - https://www.facebook.com/groups 
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/04/riflessioni-11-stefano-garroni.html


La nazionalizzazione delle banche, secondo Lenin.

Nel 1917, ma prima dell’ottobre, in un articolo Lenin illustra la sua proposta di nazionalizzazione delle banche. Esaminare la ‘logica’ di tale proposta serve, pare a me, per comprendere la natura degli obiettivi politici, delle parole d’ordine, che Lenin propone al proletariato ed ai suoi alleati (contadini e piccola borghesia).

In primo luogo, Lenin  sottolinea che la nazionalizzazione delle banche – ovvero la loro espropriazione e unificazione in un’unica banca di Stato - consentirebbe a quest’ultimo effettivamente di regolare e controllare la vita economica, sapere esattamente quali sono le risorse del paese e come e quanti profitti vengono ottenuti.

Ottenuti da chi?

E qui la parola d’ordine della nazionalizzazione delle banche comincia ad apparire tutt’affatto diversa da una proposta neutra, interclassistica.

Certamente, infatti, la nazionalizzazione delle banche renderebbe più fluida la vita economica, pur non togliendo “neanche un copeco” ai capitalisti (ed in questo senso potrebbe anche non essere avversata da questi ultimi); ma appunto consentirebbe allo Stato un controllo dell’attività bancaria (anche attraverso i soviet degli impiegati e dei funzionari di Banca) e, dunque, sarebbe uno strumento essenziale per un’economia pianificata e non orientata verso il profitto individuale.

La ‘logica’, dunque, di questa parola d’ordine, a tutta prima motivata da semplici motivi di efficienza, si mostra legata all’ottenimento di un altro obiettivo, ovvero, il centrale ruolo dello Stato in sede economico-sociale; se dunque la nazionalizzazione di cui parliamo sarebbe una riforma, profonda ma che non costerebbe “neanche un copeco”, avrebbe tuttavia in sé la necessità di ampliarsi, ad es. richiedendo la nazionalizzazione degli istituti assicurativi e perfino delle coalizioni ed intrecci fra grandi gruppi economici.

Dunque, nazionalizzazione delle banche come obiettivo, immediatamente accettabile anche da parte borghese (per motivi di efficienza), ma che, per sua stessa natura, ha la necessità di invadere altri campi – appunto, la nazionalizzazione degli istituti assicurativi ed il ruolo decisivo dello Stato nell’organizzazione, regolamentazione e controllo della vita economica.

Dunque la parola d’ordine leninista, per un verso corrisponde a una necessità obiettiva, ad un bisogno reale di tutti coloro che hanno a che fare con le banche (in questo senso non è una parola d’ordine immediatamente anticapitalistica), per un altro verso, si tratta di una parola d’ordine, che è sollecitata dalla sua stessa natura ad allargarsi ad altri ambiti, fino ad assumere un carattere certamente anticapitalistico.

E’ proprio questo tipo di parola d’ordine, che riceve il nome di obiettivo transitorio e non di obiettivo intermedio.

novembre 2012 

lunedì 7 maggio 2018

Ma il “popolo” ha sempre ragione? - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza.



Non è sufficiente affidarci alle opinioni del “popolo” per intraprendere una politica trasformatrice. 


Credo che si debba rispondere in maniera negativa a questa domanda e cercherò di argomentare brevemente le mie ragioni.
Prima di tutto tentiamo di chiarire cos’è il “popolo”, concetto i cui contenuti non sono mai indicati da chi si riempie la bocca di questa parola e che invece bisogna specificare, se non vogliamo proclamare soltanto degli slogan, magari ad effetto ma assai poco incisivi sullo stato delle cose.
Nella tradizione marxista classica il popolo è sempre stato considerato un conglomerato di gruppi sociali assai differenti tra loro (operai, contadini, piccoli borghesi, intellettuali etc.) e talvolta addirittura in contrasto, che tuttavia, in talune occasioni, si è potuto agglutinare ed orientare verso obiettivi unificanti. Ma per essere tali, questi ultimi sono spesso risultati vaghi e non specificati, altrimenti come si potrebbero unire gruppi così disparati, se non con una complessa operazione che individui un decisivo tratto unificante? In questa direzione andava la determinazione di classe.
Non è un caso che il termine “popolo” è ampiamente usato in maniera retorica da uomini politici che hanno idee assai diverse sul come organizzare la vita sociale, o da coloro che si rifiutano di specificare il loro orientamento [1], dichiarandosi estranei sia alla destra che alla sinistra. In effetti, in quest’ultimo caso, quanto mai attuale, il popolo si presenta e viene presentato come un’entità interclassista, che mette insieme i sottomessi, gli scontenti, gli underdog(perdenti), come li chiama Ernesto Laclau, il più celebre teorico del populismo. Anche quest’ultimo ritiene che il popolo abbia alle sue spalle gruppi diversi (lavoratori, disoccupati, donne, omosessuali etc.), portatori di domandeinsoddisfatte, che vengono raccolte in un insieme senza che una di queste sia determinante e che, per questa ragione, è complicato concretare in maniera dettagliata. A suo parere da questo processo di congiunzione – direi posticcia scaturirebbe il popolo che si troverebbe immediatamente collocato in posizione antagonistica rispetto ai detentori dell’ordine vigente, i quali non danno risposta alle domande dei sottomessi. 

mercoledì 2 maggio 2018

Le realtà imperialiste e i miti di David Harvey - John Smith

Da: https://traduzionimarxiste.wordpress.com - Link al post originale in inglese roape.net
John Smith insegna politica economica internazionale alla Kingston University di Londra. 
David Harvey è  Distinguished Professor di antropologia e geografia presso il  Graduate Center della City University of New York.


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John Smith

Quando David Harvey afferma “Lo storico drenaggio di ricchezza dall’oriente verso l’Occidente, protrattosi per oltre due secoli, ad esempio, è stato in larga parte invertito negli ultimi trent’anni”, i suoi lettori supporranno ragionevolmente che egli si riferisca ad un tratto caratteristico dell’imperialismo, vale a dire il saccheggio del lavoro vivo, nonché delle ricchezze naturali, nelle colonie e semicolonie da parte delle potenze capitaliste in ascesa in Nord America ed Europa. In effetti, egli non lascia dubbi in merito, dato che fa precedere a queste parole il riferimento alle “vecchie categorie dell’imperialismo”. Ma qui incontriamo il primo di tanti offuscamenti. Per oltre due secoli, l’Europa ed il Nord America imperialisti hanno drenato anche ricchezze dall’America Latina e dall’Africa, così come da tutte le parti dell’Asia… eccetto il Giappone, il quale a sua volta è emerso come potenza imperialista durante il XIX secolo. “Oriente-Occidente”, dunque, costituisce un sostituto imperfetto per “Nord-Sud”, ed è per questo che ho osato adeguare i punti della bussola di Harvey, attirandomi una risposta petulante
David Harvey


Come David Harvey ben sa, tutte le parti coinvolte nel dibattito su imperialismo, modernizzazione e sviluppo capitalistico riconoscono una divisione primaria tra paesi definiti, variamente, come “sviluppati e in via di sviluppo”, “imperialisti e oppressi”, “del centro e della periferia”, ecc., persino laddove non vi è accordo su come tale divisione si stia evolvendo. Inoltre, i criteri per determinare l’appartenenza a questi gruppi di paesi possono validamente includere politica, economia, storia, cultura e molto altro, ma non la collocazione geografica – “Nord-Sud” non essendo altro che una scorciatoia descrittiva per altri criteri, come indicato dal fatto, generalmente riconosciuto, che il “Nord” comprende Australia e Nuova Zelanda. Eppure, nella sua replica alla mia critica, Harvey eleva la geografia al di sopra di tutto, gettando la Cina, il cui PIL pro capite nel 2017 era situato tra Thailandia e Repubblica Dominicana, nello stesso calderone di Corea del Sud, Taiwan e Giappone imperialista, all’interno di uno specifico “potente blocco [sic] nel contesto dell’economia globale”, relativo all’Asia orientale. Considerato lo stato moribondo dell’economa giapponese, con un PIL cresciuto in media meno dell’1% all’anno dal 1990, e nella consapevolezza dell’esplosiva rivalità economica, politica e militare del Giappone con la Cina, interrogarsi se tale “blocco” stia ora drenando ricchezza da Europa e Nord America capitalisti significa porsi la domanda sbagliata. 

martedì 1 maggio 2018

ECONOMIA PER I CITTADINI - RICCARDO BELLOFIORE

Da: M Epici - riccardo.bellofiore è docente di "Analisi Economica", "Economia Monetaria" e "International Monetary Economics" e "Dimensione Storica in Economia: le Teorie" presso il Dipartimento di Scienze Economiche "Hyman P. Minsky" dell'Università di Bergamo. (Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova)

1. - Come è nata la sua Passione per l'Economia?


2. - Su Karl Marx e Rosa Luxemburghttps://www.youtube.com/watch?v=NMHl2XZ3DSg
3. - Sulla Scuola Austriaca: Schumpeter, Mises e Hayek: https://www.youtube.com/watch?v=cNiEB23NLQs
4. - Augusto Graziani e la Teoria Monetaria della Produzionehttps://www.youtube.com/watch?v=oBksvfN7WKY
5. - Hyman Minsky e il Datore di Lavoro di Ultima Istanza (ELR)https://www.youtube.com/watch?v=WGMzu3M4b4U
6. - Neo-Liberismo e Social-Liberismohttps://www.youtube.com/watch?v=FV2ibIKW2Gs
7. - Capitalismo e Finanziarizzazionehttps://www.youtube.com/watch?v=EPJ03woJ5jk
8. - Neo-Mercantilismo e Moneta Unica Europeahttps://www.youtube.com/watch?v=42NPfSdNs5A
9. - Crisi Economica e Teoria Marxianahttps://www.youtube.com/watch?v=pqVe6ftt8as
10. - Ambiente, Genere e Tradizione Economica Italianahttps://www.youtube.com/watch?v=8FgIeCoY4WE

domenica 29 aprile 2018

Riflessioni 11... - Stefano Garroni

Da: mirko.bertasi Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano. - https://www.facebook.com/groups
Vedi anche. https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/04/riflessioni-10-stefano-garroni.html



Sul rapporto struttura/sovrastruttura.

Appartiene alla vulgata marxista la tesi, secondo cui la distinzione struttura/sovrastruttura vada intesa nel senso che, in questa coppia, l’elemento attivo e determinante sia la struttura, la quale trova nella sovrastruttura il proprio riflesso corrispondente.

Lo schematismo riduzionistico della tesi è talmente evidente da far sì che coloro, che la sostengono, precisino, tuttavia, che il riflesso sovrastrutturale non è solo un effetto passivo, dacché ha la capacità, a sua volta, di agire sulla struttura, influendo in qualche modo sulle sue modalità di esistenza.

La debolezza della tesi sembra essere così esprimibile: se l’insieme struttura/sovrastruttura è affermato come un insieme necessario (nel senso che, data una certa struttura, ne consegue una certa sovrastruttura, secondo la formula <se A, allora B>), dunque, se nell’insieme in questione solo una delle componenti (la struttura) è parte attiva, che determina la seconda componente (ovvero la sovrastruttura o parte passiva), tuttavia, in modo del tutto inatteso –perché inconseguente-, si afferma poi una capacità della sovrastruttura di rovesciarsi in parte attiva, che plasma in qualche modo la struttura, la quale a questo punto è divenuta parte passiva.

In altre parole, se in un primo momento la struttura plasma la sovrastruttura, determinando anche i modi di reciproca relazione fra gli elementi che la compongono; se, dunque, in questa fase, la necessità dell’insieme è lo stesso che la necessità della struttura, successivamente, invece, si implica una necessità propria della sovrastruttura, capace perfino di agire su quella che prima era l’unica componente attiva.

Osservando la questione dal punto di vista della modalità logica, sembra possibile sostenere che la tesi in questione sia una sorta di disordinato e inconseguente tentativo di combinare accidentalità e necessità – il piano dell’accidentalità –ovvero di ciò, che è così e così, ma che potrebbe anche non esserlo- si identifica con quello sovrastrutturale e il piano della necessità con quello della struttura. Almeno in un primo momento, dacché poi –lo abbiamo visto- l’accidentale si scopre necessario, mentre il necessario si scopre invece in qualche misura accidentale.

La fonte specificamente teorica dell’equivoco sta nell’errata interpretazione delle espressioni (Bestimmung, bestimmen), che Marx usa, per definire il rapporto struttura/sovrastruttura.

Nel senso che, mentre quei termini vogliono dare il senso di un impulso verso …>, dunque, di una sollecitazione, che proviene dalla base economica a completarsi mediante rapporti sociali, giuridici e politici ecc., e di raggiungere così una adeguata realizzazione di sé ai vari livelli dell’esperienza sociale, da una certa tradizione invece –condizionata anche da preoccupazioni politiche storicamente determinate- quei termini vengono letti nel senso di un determinismo positivistico.

novembre 2012

sabato 28 aprile 2018

"Fenomenologia ed esistenzialismo - Sartre" - Paolo Vinci

Da: AccademiaIISF - Paolo Vinci è docente di Filosofia pratica presso la Facoltà di Filosofia dell’Università “La Sapienza” di Roma.  http://www.iisfscuoladiroma.it 
leggi anche: Alexandre Kojéve, Introduzione alla lettura di Hegel (Fenomenologia dello Spirito) - Silvio Vitellaro



Vedi prima lezione: "Fenomenologia ed esistenzialismo - Husserl"

venerdì 27 aprile 2018

Note provvisorie per una Teoria della Rivoluzione - Roberto Fineschi

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", N. 2 (2017)
licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0 (http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico/article/view/1305). 
Roberto_Fineschi è un filosofo ed economista italiano (https://marxdialecticalstudies.blogspot.it/). 
Vedi anche https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/12/epoca-fasi-storiche-capitalismi-forme-e.html 
                   https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/08/in-cerca-di-un-soggetto-storico-forme-e.html 




A critical evaluation of the Russian revolution implies e re-consideration of Marx's theory of historical change. In the light of the recent philological acquisitions available thanks to the new critical edition of Marx's and Engels' works. It seems possible to redefine some basic concepts of Historical materialism; this affects both the concept of Revolution and the theory of the historical and political classes supposed to lead this process. The essay begins a reflection on these complex themes and suggest some possible future researches. 
Keywords: Marx; Revolution; Historical materialism; Classes.


In questa relazione vorrei iniziare a indagare, in maniera problematica e necessariamente provvisoria, un tema radicale, che sta forse alle spalle della riflessione sugli eventi dell’Ottobre 1917, vale a dire il significato stesso del concetto di “rivoluzione”. È possibile ricostruirne una teoria tanto in termini generali quanto in termini più specifici relativamente al passaggio dal modo di produzione capitalistico a una società futura?

Quanto segue costituisce solo una riflessione di carattere preliminare; le domande sono più delle risposte. Per trovare le risposte, bisogna però partire dalla domande giuste; spero che questo contributo possa essere di qualche aiuto in questo senso.




1. Che cosa significa “rivoluzione”? 

In termini marxiani, si tratta di una trasformazione che implica una ridefinizione dei rapporti di produzione e distribuzione sulla base di un nuovo modo di produzione e delle relative forme di rappresentazione e consapevolezza di tale processo da parte degli attori coscienti. Questo cambiamento può essere il risultato di un processo politico consapevolmente gestito dagli attori sociali, che oltre ad essere agiti dalle tendenze obiettive, le “agiscono”, se mi si consente la sgrammaticatura. Alcune possibili domande, quindi, sono:

a) quando ci sono state effettivamente rivoluzioni strutturali? 
b) Quando le rivoluzione strutturali sono state risultato di soggetti consapevoli che si erano posti quello scopo?
c) Quale evento storico “rivoluzionario”, a detta dei suoi promotori, ha effettivamente portato a una rivoluzione strutturale?
d) Viceversa, quale rivoluzione strutturale è avvenuta a prescindere dalla consapevolezza dai suoi realizzatori materiali?

Un secondo blocco di domande inevitabilmente collegate a queste sono le seguenti:

e) in quale altra epoca storica la lotta di classe ha prodotto delle dinamiche progressive o ha garantito alle classi antagoniste una via di uscita “progressiva”?
f) Ovvero quali e quante rivoluzioni soggettive, anche di grande portata, sono finite nel nulla?
g) In questo contesto, l’incremento delle forze produttive è una costante storica nel passaggio da un modo di produzione all’altro?
h) Il corrente modo di produzione è sempre stato fecondo del successivo in termini di progresso della produttività del lavoro e della capacità degli uomini di gestire il ricambio organico con la natura?

Alla maggioranza di queste domande, soprattutto a quelle del secondo blocco, si dovrebbe rispondere positivamente sulla base dello schematico modello esposto nella celeberrima Prefazione marxiana a Per la critica dell’economia politica. Parrebbe trattarsi però di una formalistica generalizzazione transtorica di leggi e tendenze che si instaurano nel modo di produzione capitalistico. In effetti, non pare che nel corso storico le cose siano andate esattamente così, dove mondi produttivi sono scomparsi, implosi, senza generare niente di “superiore”; dove le classi in teoria progressive hanno tentato rivoluzioni tragicamente fallite proprio per la mancanza di condizioni oggettive; oppure condizioni obiettive hanno prevalso prendendo determinate direzioni a prescindere dall’azione programmatica delle classi in gioco. 

Per farla breve, Marx ha effettivamente elaborato una teoria degli “altri” modi di produzione? In assenza di essa non si può che prendere atto che tutte le domande di cui sopra sono destinate a non avere risposta. Questo è un problema anche per la teoria del presente e del suo eventuale carattere anticipatorio del futuro. Riprendiamo il discorso dalle fondamenta. 

martedì 24 aprile 2018

"La frattura fenomenologica e la nuova antropologia"- Aldo Masullo

Da: AccademiaIISF - Aldo_Masullo è un filosofo e politico italiano.


sabato 21 aprile 2018

La filosofia come prassi di nuovo genere - Carlo Sini

Da:  CarloSiniNoema - Carlo_Sini è un filosofo italiano.
Vedi anche: Lezione 1 - Hegel,"Filosofia e Metodo"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/11/hegelfilosofia-e-metodo-carlo-sini.html
                       Lezione 2 - Heidegger,"Il compito del pensiero"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/11/il-compito-del-pensiero-carlo-sini.html 
                          Lezione 3 - Nietzsche,"Il difetto ereditario dei filosofi"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/12/il-difetto-ereditario-dei-filosofi.html 
                             Lezione 4 - Nietzsche,"Il problema psicologico della conoscenza"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/01/il-problema-psicologico-della.html                                                           Lezione 5"Husserl e la Lebenswelt":  https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/01/husserl-e-la-lebenswelt-carlo-sini.html
                                   Lezione 6 - "Il neorealismo di Giulio Preti": https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/02/il-neorealismo-di-giulio-preti-carlo.html                                                                                          Lezione 7 - "Il sapere e l'ignoto": https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/03/il-sapere-e-lignoto-carlo-sini.html 
Lezione 8 - Wittgenstein, "La filosofia come prassi di nuovo genere“:


venerdì 20 aprile 2018

Ideologia ed Opportunismo: due parole usate a sproposito. - Aldo Giannuli

Da: http://www.aldogiannuli.it - Aldo_Giannuli è uno storico e saggista italiano.



Le parole sono spesso tradite dall’uso e, a lungo andare, perdono il loro significato originario per acquisirne uno ambiguo e spesso deteriore. E’ il caso di due termini come “Opportunismo” ed “Ideologia”. Chi consultasse il dizionario Treccani, proverebbe questa definizione per opportunismo:
<<Comportamento per cui, nella vita privata o pubblica, o nell’azione politica, si ritiene conveniente rinunciare a principî o ideali, e si scende spregiudicatamente a compromessi per tornaconto o comunque per trarre il massimo vantaggio dalle condizioni e dalle opportunità del momento… Con sign. meno negativo, la capacità di saper cogliere e sfruttare il momento opportuno, la buona occasione, anche se con danno dell’avversario (per es., in competizioni sportive).>>
In effetti, in politica, il termine ha il significato solo negativo e riconduce sempre ad un comportamento dettato dal vantaggio individuale sostanzialmente amorale, mentre, nel calcio si dice “è un grande opportunista” di un giocatore che, senza particolare schema di gioco sia pronto a cogliere l’occasione per segnare una rete e, quindi, con giudizio positivo.
Più sfumata e polisemica è la definizione del termine ideologia: lo stesso dizionario, dopo aver fornito la sua definizione etimologica ( scienza del pensiero antimetafisica) e quella data dal marxismo o dalle scienze sociali (complesso di credenze filosofiche, religiose, culturali di una classe o di una società particolari) ne aggiunge una in senso spregiativo:
<< complesso di idee astratte, senza riscontro nella realtà, o mistificatorie e propagandistiche, cui viene opposta una visione obiettiva e pragmatica della realtà politica, economica e sociale>>
ma nell’uso corrente ormai il termine ha solo questa valenza negativa ed è una sorta di equivalente di “pregiudizio” e, per alcuni, una sorta di edizione temporale delle credenze religiose. Ma in questo modo di confonde il termine con un suo particolare uso. Entriamo nel merito. 

giovedì 19 aprile 2018

Il concetto di crisi in Marx - Paolo Vinci


Paolo Vinci è docente di Filosofia pratica presso la Facoltà di Filosofia dell’Università “La Sapienza” di Roma.  http://www.iisfscuoladiroma.it 
Vedi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/08/la-logica-di-hegel-una-grottesca.html
                    https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/08/marx-hegel-ed-il-metodo-note.html 

mercoledì 18 aprile 2018

Esiste davvero il negazionismo economico? - Guglielmo Forges Davanzati

Da: http://temi.repubblica.it/micromega-online/ - guglielmo.forges davanzati é un economista italiano.


In un recente articolo sul blog lavoce.info, il prof. Guido Tabellini, ex Rettore dell’Università Bocconi, propone un’entusiastica recensione di un libro di due autori francesi – Pierre Cahuc e André Zylbrerger, un vero best seller – sul c.d. “negazionismo economico”. La tesi di fondo è che “la conoscenza economica ha ora solide basi empiriche e le sue prescrizioni sono diventate più affidabili” e ciò nonostante “questi progressi sono spesso ignorati al di fuori della disciplina, con la conseguenza che il dibattito di politica economica è di frequente viziato da pregiudizi ideologici”. 

È evidente il presupposto dal quale Cahuc, Zylberger e e il prof. Tabellini partono: l’Economia è una scienza esatta, esiste un’unica ‘verità in Economia alla quale si arriva mediante un processo di continua e progressiva eliminazione di errori, l’Economia è una scienza sperimentale il cui statuto metodologico è (o deve tendere a) quello delle scienze della natura. 

Non è una tesi nuova e le obiezioni rivolte a questo modo di concepire l’Economia sono state e sono molteplici. Già nel 1900, Maffeo Pantaleoni, economista italiano di orientamento liberista, ebbe a dichiarare “In Economia esistono due scuole di pensiero: chi la conosce e chi non la conosce”. Non è questa la sede per richiamare i tanti argomenti contrari a questa posizione: è sufficiente rilevare che in Economia, a differenza delle scienze della natura, è impossibile replicare un esperimento[1]

Qui è forse più interessante mettere in rilievo alcune conseguenza implicite di questa posizione: conseguenze per certi aspetti paradossali o contradditorie rispetto a ciò che Tabellini scrive. 

lunedì 16 aprile 2018

Unigramsci - Controstoria del Secolo Breve (II Parte) - Renato Caputo


Vedi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/12/controstoria-del-secolo-breve-nazismo.html (I Parte)

                                                                                                                                            "Noi conosciamo un’unica scienza, la scienza della storia" (K. Marx e F. Engels)
     Prima lezione


CONTROSTORIA DEL SECOLO BREVE (II PARTE )
DAL SECONDO DOPOGUERRA AI GIORNI NOSTRI


Unigramsci - Controstoria del Secolo Breve (II Parte) - #1 Lezione - Prof. Renato Caputo
20/12/2017 (I incontro) IL SECONDO DOPOGUERRA: il nuovo assetto geo-politico mondiale; l'Onu; Il piano Marshall.
https://www.youtube.com/watch?v=xqwmVLypXWo&feature=em-uploademail

Unigramsci - Controstoria del Secolo Breve (II Parte) - #2 Lezione - Prof. Renato Caputo
27/12/2017 (II incontro) LA DIVISIONE DEL MONDO e LA GUERRA FREDDA: l'Italia dal 1945 al 1948; le democrazie popolari; il dopoguerra nell'Europa occidentale
https://www.youtube.com/watch?v=cbU9K8Z1Wo4&feature=em-uploademail 

Unigramsci - Controstoria del Secolo Breve (II Parte) - #3 Lezione - Prof. Renato Caputo

3 gennaio 2018 (III Incontro) - GLI ANNI CINQUANTA NEL MONDO OCCIDENTALE: il sopravvento del moderatismo; gli Usa di Truman ed Eisenhower; i primi passi dell’integrazione dell’Europa centro-occidentale; le forze conservatrici al potere in Europa e in Giappone; l’Italia negli anni del "centrismo". 
https://www.youtube.com/watch?v=iJXwACBarho&feature=em-uploademail 

Unigramsci - Controstoria del Secolo Breve (II Parte) - #4 Lezione - Prof. Renato Caputo

(IV incontro) - i paesi in transizione al socialismo negli anni cinquanta, relatore prof. Renato Caputo, per Università popolare Antonio Gramsci, anno accademico 2017-2018
https://www.facebook.com/unigramsci/videos/2093336267571138/ 

Unigramsci - Controstoria del Secolo Breve (II Parte) - #5 Lezione - Prof. Renato Caputo
COESISTENZA PACIFICA, DECOLONIZZAZIONE E TERZO MONDO: Usa e Urss. dalla guerra fredda alla difficile coesistenza; la fine del colonialismo franco-britannico; il conflitto arabo-israeliano; decolonizzazione e Terzo mondo; la politica estera cinese
https://www.youtube.com/watch?v=rxVx4MxnSyo&feature=em-uploademail

Unigramsci - Controstoria del Secolo Breve (II Parte) - #6 Lezione - Prof. Renato Caputo
GLI ANNI SESSANTA NEL MONDO OCCIDENTALE: gli Stati Uniti da Kennedy a Nixon; la rivoluzione cubana; l'Europa occidentale negli anni Sessanta; l'Italia dal "centro-sinistra" all'"autunno caldo"
https://www.youtube.com/watch?v=DNPG3VOZIIE&feature=em-uploademail

Unigramsci - Controstoria del Secolo Breve (II Parte) - #7 Lezione - Prof. Renato Caputo
GLI ANNI SESSANTA NEL MONDO ORIENTALE: l'Urss da Kruscev a Breznev; la "primavera cecoslovacca" e la repressione sovietica; l’inasprimento del conflitto sino-sovietico; la rivoluzione culturale in Cina.
https://www.youtube.com/watch?v=wCJ_j2HWS5A

Unigramsci - Controstoria del Secolo Breve (II Parte) - #8 Lezione - Prof. Renato Caputo
L TERZO MONDO: L’India nel dopoguerra; la liberazione dell’Africa dal colonialismo; l’America latina dal populismo alle dittature militari; la guerra del Vietnam.
https://www.youtube.com/watch?v=ORXYb5SpH4c&feature=em-uploademail

Unigramsci - Controstoria del Secolo Breve (II Parte) - #9 Lezione - Prof. Renato Caputo
GLI ANNI SETTANTA: gli Usa dall'omicidio dei Kennedy al Sessantotto; la Cina dopo la rivoluzione culturale; la crisi petrolifera del 1973.
https://www.youtube.com/watch?v=qjuydtoPbLg&feature=em-uploademail

Unigramsci - Controstoria del Secolo Breve (II Parte) - #10 Lezione - Prof. Renato Caputo
GLI ANNI OTTANTA
https://www.youtube.com/watch?v=7y20dRqW7Dg&feature=em-uploademail 

11. (7 marzo) GLI ANNI NOVANTA: gli Stati Uniti d’America sola grande potenza mondiale; i nuovi termini della questione arabo-israeliana; i nuovi conflitti internazionali dopo la fine della guerra fredda.
https://www.youtube.com/watch?v=i6i0REdMcw4

12. (14 marzo) IL PRIMO DECENNIO DEL XXI SECOLO: i nuovi termini della questione arabo-israeliana; i nuovi conflitti internazionali dopo la fine della guerra fredda; il mondo alle soglie del terzo millennio.
https://www.youtube.com/watch?v=zFwMtsZQ2AM 

13. (21 marzo) I NOSTRI GIORNI: il radicalismo islamico; la casa comune europea.
https://www.youtube.com/watch?v=fKct67p7XGA 

14. (28 marzo) LA STORIA D’ITALIA DAGLI ANNI SETTANTA AGLI OTTANTA: il rinnovamento della società italiana; la strategia della tensione; il terrorismo; la crisi economica.
https://www.youtube.com/watch?v=Rv3P2-bWPX8 

15. (4 aprile) LA STORIA DI ITALIA DAGLI ANNI NOVANTA AI GIORNI NOSTRI: scandali e questione morale; l’Italia negli anni novanta; il primo decennio del ventunesimo secolo.