domenica 24 settembre 2017

Dialettica*- Eric Weil**

*Da: E. Weil: Hegel (1956) in Hegel e lo Stato e altri scritti hegeliani  (https://www.facebook.com/maurizio.bosco.18)  **Eric_Weil è stato un filosofo tedesco.
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« Gli uomini di solito non dispongono della ragione e del linguaggio ragionevole, ma devono disporne per essere del tutto uomini. L'uomo naturale è un animale; l'uomo come vuole essere, come vuole che sia l'altro perché egli stesso lo riconosca come suo eguale, deve essere ragionevole. Quel che descrive la scienza è solo la materia alla quale bisogna ancora imporre una forma, e la definizione umana non è data perché si possa riconoscere l'uomo, ma affinché lo si possa realizzare »
(Eric Weil, Logica della filosofia)


"Questa è la cosiddetta dialettica. Dialettica è unicamente la realtà che comprende se stessa.

Misticismo? Lo si è detto spesso e lo si ripeterà sempre. La tentazione infatti è grande: basta considerare questa dialettica come un metodo, come un'astuzia del filosofo, un'invenzione, e subito si scopre il suo limitato valore rispetto ai metodi della scienza, della logica formale, dell'analisi attenta e prudente. Ma la dialettica non è un metodo, il mondo non è il suo oggetto: essa è il mondo nel presentarsi del discorso.

In rapporto al mondo l'uomo non è l'altro, uno straniero in cerca di un accesso impossibile; non è un fotografo che riprende ciò che gli sta sotto gli occhi. L'uomo è al centro della realtà, nella realtà, e parte della realtà stessa; e il filosofo, che vuole comprendere, sa che la visione della totalità non è altro che la totalità degli aspetti della realtà: egli sviluppa prendendoli sul serio, letteralmente, nel loro presentarsi - la contraddizione generata dai diversi aspetti della realtà esiste sino a quando si accettano al loro livello. Ma l'opposizione non è assoluta. Né la filosofia la annienta. Per la filosofia essa appare come opposizione di ciò che da ultimo è uno. C'è un presupposto comune, infatti, comune a tutte le posizioni: l'uomo può parlare della realtà e la realtà si manifesta nel discorso degli uomini.

Discorsi ragionevoli, almeno nel senso che non sono in contraddizione assoluta con la realtà: se non fosse così l'uomo non avrebbe più possibilità di inserirsi nella realtà - ne morirebbe e con la sua morte finirebbe l'umanità. Anche la realtà, dunque, è razionale. Non come l'uomo che, ragionevole (parzialmente), ne è inoltre cosciente, ma perché accessibile al pensiero e al discorso, perché genera il discorso, che è quel discorso dell'uomo reale.

La realtà ha una struttura: il reale è ragionevole, il ragionevole è reale. La dichiarazione hegeliana ha sorpreso: ma questa meraviglia è ancor più sorprendente, poiché nessuno ha mai dubitato della natura come insieme di leggi, della regolarità naturale, della descrizione ragionevole e razionale che può ordinare i fenomeni. L'uomo può parlare di ciò che è perché ne fa parte: ne rappresenta il linguaggio.

Ma la manifestazione non si manifesta in un discorso unico. L'uomo non è puro spirito, sopra o fuori della natura. Parla perché agisce e agisce perché parla. Agisce e pensa insomma perché dispone di una piccola parola: no.

L'uomo è nella natura. Ma non è natura come il minerale e l'animale: è scontento, insoddisfatto di ciò che è, e nel suo discorso parla di ciò che non è, di ciò che egli vuole introdurre nell'essere. In principio è la contraddizione.

La dialettica non è dunque altro che il movimento incessante tra il discorso che è azione e la rivelazione della realtà in questo discorso e in questa azione. La dialettica è questo movimento, non una costruzione dello spirito. Proprio perciò la dialettica finisce per sapere che essa è totalità non contraddittoria delle contraddizioni. Finisce per saperlo, e il suo sapere è il suo prodotto, il prodotto della storia reale dove l'uomo ha agito, parlato, trasformato il mondo e se stesso con la parola e con la sua opera. Il discorso nella sua storia, nel suo farsi reale, è pervenuto al punto in cui non soltanto comprende ogni cosa, ma comprende anche se stesso. L'uomo può svolgersi al passato, al cammino percorso, riconoscersi in ciò che nel mondo fu compiuto. La storia ha un senso. Non perché una Ragione, con la lettera maiuscola anteriore al tempo e alla storia ne avrebbe predeterminato senso e significato: è l'uomo invece che pensando e agendo col suo lavoro, ha dato un senso al mondo, sua attuale dimora. Solo l'uomo ha dato un senso a ciò che è stato prima di pervenire a quel punto di vista, dove il senso è divenuto comprensibile, ed è compreso infatti, e da dove tutto appare, com'è giusto e necessario, preparazione del risultato.
Questo è la storia: negatività e discorso, e realizzazione del senso del no della parola e dell'azione.

Comprendere significa comprendere ciò che è divenuto a partire dalla storia o meglio nella storia. La filosofia è innanzitutto comprensione del suo stesso divenire, del suo essere-divenuto".

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