sabato 30 luglio 2011

Marxismo e scienza: la critica di Moreno a Galvano della Volpe. - Stefano Garroni -




 Tra gli anni 60 e 70, la cultura marxista italiana, ma non solo, fu fortemente segnata dalla presenza della riflessione di Galvano della Volpe, filosofo di formazione gentiliana, convertitosi poi al marxismo.[1] Tale intreccio fra Giovanni Gentile –il futuro filosofo ufficiale del fascismo- e il marxismo italiano non deve meravigliare: basti pensare all’influenza che lo stesso Gentile indubbiamente ebbe (in funzione anticrociana) su Gramsci e su Togliatti.
Disponiamo ora, in edizione portoghese, di quella “Lógica marxista e ciências modernas”, che l’argentino N. Moreno scrisse, avendo -si potrebbe dire- come obiettivo polemico principale esattamente ll pensiero di Galvano Della Volpe. O, più precisamente, il modo in cui Della Volpe configurava il metodo scientifico  e quel suo strumento fondamentale che è l’astrazione. Perché questa scelta da parte di Moreno?
Il fatto è che per Moreno il marxismo non può essere unicamente pensato (come pure ha voluto certa recente letteratura prevalentemente francese) quale scienza della società capitalistica (dunque, l’ improbabile paradossale scienza di un oggetto unico)¸né il marxismo ha da confrontarsi solamente con la problematica scientifica delle cosiddette scienze morali.
Dacché, in realtà, proprio in quanto scienza, il marxismo ha da fare i conti con l’intera complessa storia della costruzione del linguaggio scientifico in generale e, come nel caso di questo libro, con la non lineare storia del concetto di astrazione e delle diverse forme e sensi, che storicamente è andato assumendo.
Si badi, tuttavia, da quanto detto finora non deve ricavarsi la convinzione che, per Moreno, il marxismo sia, solo, uno strumento per costruire immagini esplicative del mondo, al semplice –per quanto nobilissimo scopo- di trasformare in un cosmo ordinato il chaos dell’esperienza[2]
Come viene ben sottolineato nella Presentazione al volume, scritta  da Luiz Roberto Martins, la vocazione caratterizzante il marxismo è la praxis o, in altre parole, l’arrovesciamento dei rapporti sociali di produzione per la costruzione di una società autenticamente a misura d’uomo[3]
Se l‘astrazione, secondo la sua versione classica, viene intesa come l ‘estrazione e il coordinamento di ciò che è comune ad una molteplicità d’oggetti singolari, in primo luogo, non possiamo non segnalare come essa riproduca le caratteristiche del normale procedere della mente comune e, dunque, non si presenti come strumento scientifico propriamente, - insomma, come essa non si distingua dal modo di  operare, per così dire, de l’ hombre de la calle.[4]
In secondo luogo, solo apparentemente l’osservatore compila la due baconiane tavole delle presenze e/o delle assenze, dacché in realtà è la prospettiva da cui osservo l’oggetto a darmi i criteri, le regole, in base a cui definire una nota, una proprietà, comune o no ad una molteplicità di elementi singoli.
 
Il concetto, a cui per questa via si perviene, non ha alcun rapporto organico con le proprietà che lo caratterizzano: il rapporto soggetto/predicato piuttosto è qualcosa di casuale che potrebbe essere radicalmente diverso[5]
Infine, ciò che mi autorizza a giudicare che <questo è/non è comune a quello> non è la cosa nella sua datità quanto piuttosto il fatto che, preventivamente, ho scelto un criterio di giudizio (ma avrei potuto sceglierne un altro e un altro ancora). Con il risultato che l’astrazione avrebbe dato risultati differenti e, probabilmente, tutti validi in contesti diversi.
Insomma, come lo stesso Moreno sottolinea, l’attività astrattiva non comincia con la  neutra osservazione dei dati, ma sì col metterli in prospettiva secondo una certa ipotesi, preventivamente scelta dal ricercatore.
Anche quest’ultima osservazione ci aiuta a comprendere il senso, in cui Moreno afferma che la logica marxista è una nuova logica, ovvero la logica moderna concreta; ma tale logica è resa possibile alla condizione che il marxismo non cessi mai di curare e rifinire i suoi rapporti col mondo scientifico in generale.
Questa componente anti-empiristica nella concezione dell’astrazione (e dunque, anche della costruzione del concetto), sappiamo che risale a Galilei. E sappiamo anche che risale ad Aristotele la consapevolezza di una problematica, che giungerà fino all’epoca contemporanea.
Posta la concezione classica dell’astrazione (che sappiamo apparirà con tutta chiarezza nelle già ricordate due Tavole –delle presenze e delle assenze-  baconiane), Moreno non sa cogliere il senso del finalismo aristotelico, non riuscendo a vedere nel telos il modo di funzionalizzare universale e particolare, concetto ed empiricità E’ importante questa incomprensione del ruolo di telos/fine in Aristotele, perché favorisce ancora una volta una lettura in chiave speculativa di Hegel e, dunque, la riproposizione da parte di Moreno di una lettura  idealistica di Hegel – tanto che si potrebbe dire che nella prospettiva moreniana esistono elementi contraddittori, alcuni dei quali sono consonanti con la riflessione metodologico-scientifica più recente, mentre altri riprendono motivi, propri della vulgata.
A riprova delle ambiguità di cui dicevamo, va sottolineato positivamente che Moreno dà molta importanza alla lezione di Descartes per la sua sottolineatura del ruolo conoscitivo del soggetto[6]; Moreno coglie inoltre la centralità del tema del possibile in Leibniz (centralità, che senza dubbio è riscontrabile anche in Hegel e in Marx) e il ruolo grande Di Kant nella formazione della coscienza e della scienza moderne.
Tornando a Della Volpe o, meglio, alla critica che Moreno muove alla sua concezione dell’astrazione (e quindi non dimentichiamolo, anche del concetto), il riferimento esplicito che egli fa è all’epistemologia genetica di Jean Piaget.
In particolare, Moreno ricorda come Piaget distingua vari tipi di astrazione[7]:quella generalizzante, che consente la costruzione di classi; ma anche quella costruttiva, che consente di costruire nuove realtà intrecciandosi con astrazioni, operate a partire da campi diversi d’esperienza; ed infine Piaget parla di una astrazione riflessiva, che serve a chiarificare la coscienza del soggetto.
Insomma, la semplice astrazione determinata, di cui dice Della Volpe, studioso della marxiana Introduzione alla critica dell’economia politica, è solo una delle varie forme, che l’astrazione può assumere ed è affetta profondamente da una prospettiva empiristica, ormai del tutto insufficiente, posti in particolare gli sviluppi delle scienze, che hanno scoperto le dimensioni varie della realtà –a cominciare dalla realtà fisica.


[1] - Per un profilo sommario dell’opera di Della Volpe, rimando a S. Garroni, A propoisito di alcuni giudizi di G. Della Volpe. Appunti per una ricerca, in Giornale critico della filosofia italiana, fasc. 1 – 1972.
[2]  - Su questa problematica, cfr. Maria Isabel Binimelis Bassa, Un nuovo modo di vedere il mondo. I frattali, Milano 2011.
[3] - Si potrebbe dire che anche questo progetto è una forma di trasformazione del chaos in cosmo e così di nuovo il marxismo mostrerebbe di possedere una caratteristica, che è sempre stata propria della scienza in generale. Si noti che in questo modo riceve una precisa definizione il termine praxis, che non va confuso col più generico < pratica>.
[4] - per la trattazione di questa problematica, ho presente “Sostanza e funzione” di E. Cassirer, Firenze 1973 [la prima edizione tedesca risale al 1910].
[5] - Per dirla con Hegel, la relazione soggetto/predicato resta una relazione esteriore, che in realtà non consente una migliore, più intima conoscenza del soggetto e della sua dinamica vitale. Quasi che così si riproponesse quel divieto del to intimate di lockiana memoria (a proposito di questa tematica del to ntimate, non a caso riproposta dallo scetticismo moderno di uno  Schulze, contro cui Hegel scriverà, rinvio al cap. 4 di S. Garroni, Sul perturbante, Roma 1984).
[6]  Il che avrebbe potuto favorirlo nel cogliere la centralità del soggetto, non solo nella conoscenza ma anche nella prassi storica, secondo l’ampia analisi, che di questi temi troviamo nella hegeliana Fenomenologia
[7] - E’ utile ricordare –perché anche questo ha in  sapore non  dellavolpiano, che secondo Piaget l’astrazione è sempre più ricca della percezione. 

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